L’Europa resta in allerta, i fermi di persone sospettate di volersi recare a combattere in Siria si moltiplicano, mentre ci sono tra i 3mila e i 5mila europei implicati nella jihad. Negli ultimi giorni, dopo gli attentati di Parigi ci sono stati arresti in Francia, Belgio, Germania, Grecia, Austria. Ieri, i ministri degli esteri dei 28 si sono riuniti a Bruxelles, per cercare di mettere a punto una strategia comune. Mrs.Pesc, Federica Mogherini, aveva invitato il segretario generale della Lega Araba, Nabil El Araby. Il 28 gennaio ci sarà una riunione dei ministri degli Interni, a Riga. Per eventuali decisioni concrete bisognerà pero’ aspettare il Consiglio europeo dei capi di stato e di governo, dedicato alla lotta al terrorismo, il 12 febbraio prossimo (nel 2001, dopo l’11 settembre, la Ue aveva adottato il mandato d’arresto europeo, poi rimesso in causa dalla Gran Bretagna).

La strategia che vuole seguire la Ue è sue due piani: esterna e interna. Uno dei tasselli fondamentali viene considerato il database Pnr (Passenger name record), la schedatura dei passeggeri aerei a destinazione di zone a rischio. Secondo Gilles de Kerchove, coordinatore della lotta antiterroristica della Ue, presente anch’egli alla riunione dei ministri degli esteri, “i servizi di intelligence identificano tra il 60 e il 70% di coloro che vogliono andare a combattere in Siria”. Il Pnr potrebbe aiutare a identificare gli altri. Ma il progetto è bloccato dal 2011 all’Europarlamento, perché non ci sono abbastanza garanzie di difesa della privacy (soprattutto sulla durata della conservazione dei dati). Per il Pnr, ha ammesso il ministro Paolo Gentiloni, “c’è un equilibrio delicato tra privacy e sicurezza”. Alla riunione era anche presente il commissario alle migrazioni e agli affari interni, Dimitris Avramopulos. E’ stata questione di una modifica dei testi di applicazione della convenzione di Schengen, per accrescere i controlli alle frontiere esterne, rendendoli sistematici. E’ stata anche evocata una maggiore collaborazione con i paesi musulmani, per vedere come “aumentare il livello di cooperazione nell’antiterrorismo con i partner della regione perché il terrorismo non è un problema tra l’Europa o l’occidente e l’islam, gli attacchi terroristici hanno principalmente come obiettivo i musulmani nel mondo”, ha precisato Mogherini. Sul tavolo dei ministri Ue c’era la questione delle relazioni con il regime di Assad in Siria, mentre alcuni paesi – Francia in testa – vorrebbero un intervento per destituirlo, mentre altri frenano pur considerandolo il principale responsabile dei massacri di popolazione. L’obiettivo resta comunque di arrivare al più presto a un cessate il fuoco in Siria. La Spagna ha proposto di organizzare un vertice con i paesi del sud del Mediterraneo, perché “senza sviluppo economico non ci sarà stabilità politica”, ha affermato il ministro degli esteri José Manuel Garcia Margallo.

All’interno, i paesi Ue a parole affermano di voler maggiore collaborazione tra servizi. Ma su questo fronte i passi avanti sono estremamente difficili. La proposta italiana di un’agenzia di intelligence comune è scartata. Nella Ue, la collaborazione, quando esiste, è stabilita su base bilaterale. I vari paesi, soprattutto i principali, non hanno nessuna intenzione di cedere terreno sull’intelligence e di scambiare troppe informazioni con i partner. E’ allo studio l’ipotesi di costituire un database sui combattenti stranieri che circolano nella Ue.

Il Consiglio esteri si è anche espresso contro la sentenza del tribunale di giustizia europeo, che il 17 dicembre scorso aveva annullato “per motivi di procedura” l’iscrizione di Hamas alla “lista nera” delle organizzazioni terroristiche. “La Ue continua a considerare Hamas un’organizzazione terroristica”, ha precisato Mogherini, le misure restrittive restano e verranno fatte “correzioni” per evitare “simili annullamenti in futuro”. I ministri hanno parlato anche della Russia. Nuove decisioni non saranno prese prima del Consiglio europeo di marzo, in attesa di verificare il rispetto degli accordi di Mink (ma c’è qualche allentamento in corso nelle sanzioni, in particolare sui prodotti agricoli).