Il Calcio Napoli boccia la linea del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e sui cori razzisti non arretra: in caso di «buuu» dagli spalti, se l’incontro non dovesse essere sospeso, la squadra è pronta a lasciare il campo. Il club è «perplesso» per le dichiarazioni del leader leghista di lunedì alla riunione dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, convocata dopo gli incidenti di Inter-Napoli, quando gli ultras nerazzurri assaltarono i supporter partenopei (quattro i feriti). Scontri terminati con la morte di Daniele Belardinelli.

Salvini, con un passato nella Curva A del Milan rivendicato ancora a metà dicembre, ha ribadito: «No alla chiusura degli stadi, alla sospensione delle partite in caso di cori offensivi e al divieto di trasferta». Il presidente partenopeo, Aurelio De Laurentiis, ieri ha confermato il suo appoggio al ct azzurro Carlo Ancelotti che, già nel dopo partita al Meazza, aveva spiegato: «Abbiamo chiesto tre volte alla Procura federale la sospensione per gli ululati contro Kalidou Koulibaly. Ci sono stati tre annunci ma hanno continuato. La prossima volta ci fermiamo noi, magari ci danno partita persa a tavolino».

Con Ancelotti si sono poi schierati molti allenatori di Serie A come Luciano Spalletti, Rino Gattuso, Eusebio Di Francesco, Filippo Inzaghi e Stefano Pioli. Ieri il presidente dell’Associazione italiana calciatori, Damiano Tommasi, ha confermato: «Siamo tutti sulla stessa posizione, non vogliamo vivere in un clima simile». Ma Salvini non ne vuole sapere: «Il 99% dei 12 milioni di tifosi è sano e va tutelato», ha insistito lunedì. Niente da fare neppure per gli striscioni offensivi: «Lo stadio deve essere colorato e colorito». E sullo stop alle partite: «È difficile trovare criteri oggettivi. Chi sbaglia paghi ma no a sanzioni collettive». E ieri via social: «Chiudere le curve e sospendere le partite è la sconfitta del calcio. Dedicherò tutto me stesso per sradicare la violenza dentro e fuori gli stadi».

Lunedì il presidente della Figc, Gabriele Gravina, aveva invece ribadito la necessità di semplificare la procedura per sospendere le partite causa cori: un primo richiamo a gioco fermo a centrocampo, il successivo negli spogliatoi; la decisione dovrà spettare al delegato della sicurezza e non agli arbitri, risolvendo così un’ambiguità che ha reso intermittente l’utilizzo della sanzione. Per la linea ferma, del resto, si era già espresso il capo della procura Figc, Giuseppe Pecoraro: «La partita andava sospesa».

Si è schierata con il Napoli anche l’Uefa: «La Federazione internazionale dei calciatori professionisti e la Uefa sono molto preoccupate per questo inaccettabile incidente razzista e da ciò che sembra come un mancato rispetto del protocollo antirazzismo ampiamente condiviso». Ieri la Uefa è tornata a ribadire: «La posizione espressa sul caso di Koulibaly riflette il pensiero della nostra organizzazione contro il razzismo e la discriminazione nel calcio», prendendo quindi le distanze dal leader leghista.

L’ostinazione di Salvini, per un veterano della politica come Fabrizio Cicchitto, ha una spiegazione semplice: «Vuole i voti degli ultras». Dalle curve sono arrivati i complimenti al Viminale. Il capo dei Boys dell’Inter, Franco Caravita, ha commentato: «Sono d’accordo con Salvini che ha parlato di un maggiore coinvolgimento dei tifosi. La repressione ha fallito. Nelle curve non c’è razzismo ma solo campanilismo». E il laziale Fabrizio Piscitelli, al secolo Diabolik: «Se non si cambia questo metodo repressivo le cose peggioreranno. Ci vuole un’amnistia per chi ha avuto il daspo».

L’Inter, intanto, ha deciso di non fare ricorso contro la chiusura per due turni dello stadio (più un terzo senza curva Nord). Il club ha chiesto alla Figc e alla Lega Serie A di poter aprire il primo anello ai bambini delle scuole calcio e a ragazzi del Centro sportivo italiano «per dare un segnale contro discriminazione e violenza».