L’ultimo lavoro di Laura Ronchetti (L’autonomia e le sue esigenze, Giuffrè, pp. 358, euro 35) ha inizio con la ripresa di una delle tragedie della Grecia antica più care alla riflessione femminista: l’Antigone. La lettura che l’autrice ne fa mostra elementi di grande attualità. Antigone incarna infatti un modello di controcondotta a un assetto di potere autoreferenziale e gerarchico e, in fondo, a quanto più connota la nostra epoca: eteronomia, disaffezione alla politica, populismi e sovranismi imperversanti.

ANTIGONE RAPPRESENTA il carattere relazionale dell’autonomia, nella stretta connessione e corrispondenza che si dà tra la determinazione individuale e il contesto sociale e politico circostante, tra il gesto di disobbedienza da lei compiuto e il sentire della comunità politica, tra l’autonomia individuale e quella collettiva. Antigone propone quella dimensione del nomos che ha un profondo legame con la polis e con le norme fondamentali da essa riconosciute, «’autonomamente’ poste». Antigone è dunque il mito fondativo dell’autonomia personale e pubblica «perché coniuga il soggetto con l’azione e li collega secondo un principio politico che connette la potestà personale di governarsi da sé con la dimensione istituzionale che consente l’autonomia dell’ordinamento intero».
Da qui prende le mosse l’indagine di una categoria essenziale della modernità, quella dell’autonomia, della quale l’autrice offre una riconcettualizzazione densa di spessore, offrendo al contempo risposte politicamente rilevanti a molte delle questioni a essa connesse. Autonomia è un concetto che consente di tematizzare numerose questioni: i rapporti tra gli esseri umani e le istituzioni; quelli tra pubblico e privato; tra territorio e collettività; tra ambito sociale e politico. Le direzioni seguite nel volume sono numerose.

ATTREZZANDOSI di strumenti non solo giuridici, Ronchetti ricostruisce quelle che possono definirsi le avventure di un concetto e di una parola polisemici, sottoposti di continuo nella storia della modernità a torsioni, aperture, chiusure, oggetto di conflitti costanti. Il volume ripercorre così alcuni momenti salienti della riemersione di questo concetto, momenti di crisi e passaggio in cui la questione della autonomia, espressiva dei rapporti di potere, torna ad affacciarsi con forza, nell’uso di volta in volta fatto di essa da parte dei soggetti che ne hanno impugnato e riattivato il significato. L’ulteriore direzione è poi quella politica, a partire da una prospettiva femminista, che al contempo si situa nell’alveo del costituzionalismo democratico.

LE INTERPRETAZIONI dell’autonomia qui proposte assumono alla loro base la stretta connessione tra la dimensione individuale e quella collettiva, perché, come scrive, l’autonomia personale è sempre calata in una societas: di qui il forte accento sul suo aspetto relazionale – e di interdipendenza –, che consente di ricomprendere la stessa «autonomia personale nella potestà di darsi un ordinamento», ossia di partecipare attivamente alla formazione/fondazione dell’ordinamento condiviso.

QUESTO RIPENSAMENTO del concetto di autonomia fa proprie una serie di convinzioni: l’aggancio al carattere sostanziale dell’uguaglianza e il richiamo al principio di solidarietà. E ancora, una visione relazionale del soggetto di riferimento dell’ordinamento giuridico-costituzionale, ossia la persona, centro di continui rapporti umani e sociali, soggetto situato, incarnato, reale. Proprio l’accento sulla socialità permette all’autrice di superare alcune dicotomie tipiche del pensiero liberale, tra cui quelle tra autonomia e collettività, tra socialità e individualità, fondate sulla centralità dell’assunto proprietario, sulla interpretazione dell’autonomia come isolamento, su un’impostazione naturalistica.
D’altra parte va sottolineato che rispetto alla decostruzione del soggetto tradizionale è soprattutto il pensiero femminista radicale ad aver proposto una visione dell’autonomia alternativa a quella liberale, richiamandosi a quella connotazione relazionale che «permette di sviluppare la personalità e di trasformare il sé individuale e collettivo», investendo il campo produttivo e riproduttivo di questa trasformazione.

DA QUESTA PROSPETTIVA è possibile allora proporre nuovi modelli di autonomia, coinvolgendo le forme della riproduzione sociale, valorizzando la dimensione dell’interdipendenza, ma anche della cooperazione, riformulando i principi della convivenza comune a partire dal paradigma della cura, dalle istanze di autodeterminazione e dalle stesse potenzialità del conflitto.