«Se non passa la riforma della giustizia non entra in vigore quella della prescrizione». Salvini non conosce la legge anti corruzione che la camera può approvare già oggi in maniera definitiva. È una bandiera del Movimento 5 Stelle che i leghisti accettano per ragion di governo.

Tutto quello che la Lega è riuscita a ottenere è che lo stop alla prescrizione dopo le sentenze di primo grado entrerà in vigore dal gennaio 2020 (anche se, come tutte le modifiche al codice penale, si applicherà ai reati commessi dopo quella data, quindi produrrà effetti non prima di altri cinque anni). Tutti – i giuristi ascoltati dalla camera, gli avvocati, i magistrati e alla fine persino i 5 Stelle – riconoscono che in mancanza di un netto taglio dei tempi della giustizia penale lo stop alla prescrizione può tradursi in un definitivo allungamento in aeternum dei processi – per questo la Lega ha voluto il rinvio di un anno del nuovo regime. Nel frattempo la maggioranza giallobruna, senza averla nemmeno affrontata nel «contratto di governo», dovrebbe produrre (attraverso una legge delega) la riforma della giustizia penale; il ministro guardasigilli Bonafede non ne ha ancora disegnato i contorni ma ha già detto che sarà «epocale». «Non nascondo che quella della giustizia sarà la riforma più complicata e complessa», ha detto invece ieri Salvini, che in anni passati – quando era al governo con Berlusconi – ha sostenuto riforme della giustizia che andavano in direzione opposta a quella annunciata adesso dai 5 Stelle. Il leghista non deve aver cambiato troppo idea, perché per indicare quali difficoltà si aspetta sembra puntare le care vecchie «toghe rosse»: «C’è qualcuno che è ancora ancorato ai vecchi schemi e pensa di usare la toga per fare quello che gli italiani non hanno fatto in cabina elettorale».

I 5 Stelle raccontano una storia molto diversa e si preparano a festeggiare nelle piazze lo stop definitivo alla prescrizione e il resto della legge (che loro chiamano «spazzacorrotti»). Il testo del provvedimento è dalla loro, perché l’entrata in vigore della norma sulla prescrizione non è in alcun modo vincolata alla futuribile riforma della giustizia. Anzi, gli emendamenti che nella prima lettura proponevano di mettere nero su bianco questo collegamento sono stati sempre bocciati dalla maggioranza. «Quella sulla prescrizione è una norma che scardina le garanzie del processo – dice il capogruppo Pd in commissione giustizia, Bazoli – perché è stata approvata allora se la volontà politica è quella annunciata da Salvini, subordinarla cioè alla riforma del processo?».

La risposta è che Salvini esprime solo il punto di vista della Lega e racconta una verità di comodo. Probabilmente prova ad alzare il prezzo di una trattativa sulla riforma della giustizia (la sta facendo la ministra leghista Bongiorno con il ministro grillino Bonafede) che si presenta molto difficile.

Intanto oggi l’anti corruzione arriva in aula alla camera, solo la maggioranza può ritardarne l’approvazione. Gli emendamenti presentati sono a questo punto, siamo in terza lettura, pochissimi, ancora meno quelli ammessi (meno di dieci). Ma sono tutti o quasi voti segreti e i 5 Stelle memori dello sgambetto della Lega in prima lettura (i franchi tiratori approvarono un emendamento dell’opposizione per depenalizzare il peculato) non hanno ancora deciso se possono fidarsi o meno. Per questo hanno convocato ieri tutti i deputati in aula nel pomeriggio. Ma se decideranno di non rischiare, arriverà – a quel punto domani – un altro voto di fiducia. Sarà il secondo sulla stessa legge, il settimo in totale.