Malgrado gli entusiastici annunci bipartisan della settimana scorsa, l’accordo raggiunto all’interno della maggioranza di governo sulla nuova legge anti-corruzione e in particolare sul falso in bilancio si ferma all’enunciazione dei principi cardine. Tutti d’accordo ad ampliare l’area di punibilità del falso in bilancio, tenendo contemporaneamente conto delle differenze dovute alla rilevanza del fatto e alla dimensione dell’impresa. Ma tradurre quei principi in regole scritte è altra cosa. Così il testo dell’emendamento governativo che avrebbe dovuto essere presentato questa mattina in commissione Giustizia del Senato, non è ancora pronto. La discussione, che si è protratta ieri per tutto il giorno in via Arenula, si è arenata sulla soglia minima di punibilità che potrebbe essere portata dall’attuale 5% del fatturato al 3%, o in alternativa sulle formule possibili per distinguere il caso di alterazioni contabili con scarsa rilevanza delle piccole aziende, dal falso in bilancio dei grandi gruppi imprenditoriali. A questo punto però, approfittando anche del fatto che la commissione Giustizia del Senato ha rinviato la seduta odierna a martedì prossimo a causa dell’assemblea dei gruppi di Forza Italia e sarà poi successivamente impegnata nelle audizioni sul tema delle unioni civili, il governo sta pensando a un emendamento da presentare direttamente in Aula.