La tregua si salda su una promessa. La «pugnalata alle spalle» della Lega ai 5 Stelle – l’aggiunta al disegno di legge anti corruzione, con voto segreto alla camera, di un emendamento utile ai parlamentari nei guai con i processi per peculato (diversi leghisti eccellenti, ma non solo) – viene ripagata con l’impegno ad approvare il provvedimento «bandiera» dei grillini «entro dicembre». Correggendolo al senato e riportandolo poi alla camera per il sì definitivo.
Secondo le fonti 5 Stelle l’ultima crisi nella maggioranza è stata la più violenta dalla nascita del governo; Di Maio ha convocato i parlamentari per raccontare che martedì sera «stavo per far saltare tutto». La stessa espressione usata poco prima da Salvini per minacciare i riottosi del decreto sicurezza. La sua «bandiera» che però il leghista porterà in salvo e definitivamente, pare con una nuova fiducia, entro fine mese. Lasciando a Di Maio la promessa.

Ancora una volta il capo dei 5 Stelle dimostra di non saper incassare bene i suoi crediti. Esibisce i muscoli solo a beneficio del gruppo 5 Stelle, dove la sfiducia sulla sua conduzione trova alimento quotidiano. «Io non voglio fare tre letture (dell’anti corruzione, ndr)» comizia per l’applauso dei deputati, con accanto il ministro della giustizia. Pubblica la scenetta su facebook, poi deve toglierla perché le letture saranno proprio tre. Quello che ottiene è che «Conte e Salvini devono metterci la faccia» ed eccoli costretti ai banchi del governo nell’aula di Montecitorio nel giorno in cui da Bruxelles piove la bocciatura ufficiale della manovra. Passano un’oretta al telefono davanti agli obiettivi dei fotografi, prendendosi gli attacchi delle opposizioni.

L’unico che non perde tempo è Salvini, che resta in aula nel pomeriggio e si fa vedere mentre fa la spola tra i banchi del governo e quelli di Forza Italia. Media per accogliere modifiche ed emendamenti, in cambio ottiene il ritiro di due articoli aggiuntivi che – prevedendo un ammorbidimento della legge Severino – al voto segreto avrebbero potuto provocare di nuovo i franchi tiratori leghisti. Soprattutto i tanti amministratori locali in carica o ex, che oltre al peculato temono la norma sulla non punibilità del corruttore che si auto denuncia entro sei mesi dal fatto. Per molti giuristi ascoltati in audizione, per le opposizioni e in definitiva anche per i leghisti che avevano presentato emendamenti sul punto, la legge introduce una sorta di agente provocatore in grado di ricattare l’amministratore, sapendo di potersi personalmente scagionare con un’autodenuncia tempestiva. Salvini, sotto gli occhi dei relatori grillini che vengono informati a cose fatte, e dei giornalisti in tribuna, fa in aula il lavoro che non è stato fatto in commissione. A un certo punto lo si vede accompagnare in un angolo dell’emiciclo il forzista Sisto e il ministro Bonafede, per poi allontanarsi soddisfatto.

Gli emendamenti sono stati accantonati e la soluzione si troverà stamattina. La conferenza dei capigruppo ha deciso di dare la prevalenza alla legge anti corruzione, che sarà approvata entro sera alla camera, spostando il decreto sicurezza alla prossima settimana. Intesa già raggiunta invece su un altro punto che aveva diviso Lega e 5 Stelle, quello della trasparenza nel finanziamento ai partiti. Il limite alle elargizioni anonime resta fissato come volevano i grillini a 500 euro, ma sono escluse le prestazioni dei volontari nelle feste di partito come voleva la Lega. E l’obbligo di registrazione è assai meno formale: basterà un semplice registro tenuto dal partito senza ricorso al notaio.

A fare le spese della giornata supplementare di votazioni, quella di oggi, alla fine della quale tornerà Conte per parlare questa volta della bocciatura di Bruxelles, sono le commissioni che avrebbero dovuto lavorare sulla legge di bilancio e sul decreto sicurezza. Quest’ultimo provvedimento recupererà nel fine settimana, mentre la manovra slitterà ulteriormente. Un problema anche per Di Maio, visto che la seconda lettura della sua legge «bandiera» anti corruzione potrà a questo punto infilarsi al senato non prima di metà dicembre. Il che significa che per la sospirata approvazione definitiva alla camera resta solo una finestra piccola piccola, proprio al ridosso di natale. La stessa finestra che la Lega avrebbe voluto usare per l’ultimo sì alla legittima difesa. Il gioco del ruba bandiera tra alleati non è ancora finito