«Pronti a chiedere la fiducia se sarà necessario sulle nuove norme per la lotta alla corruzione». Alza i toni ma non mostra le carte, il premier Matteo Renzi, a conclusione del Consiglio dei ministri nel quale il governo ha approntato il disegno di legge relativo alle «modifiche alla legge penale sostanziale e processuale per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo». Un ddl, dunque, e non un decreto legge perché, ha spiegato il presidente del consiglio, «non si fanno decreti su materie penali. Non si fanno per principio». Renzi però assicura: «Faremo presto». In modo che «si sappia che da questa parte del tavolo c’è gente che non si darà tregua finché ogni angolo d’Italia non sarà analizzato ed eviscerato sui fenomeni corruttivi».

Dopo il primo video in cui il premier, cavalcando l’onda emotiva per l’inchiesta romana sul «Mondo di mezzo», annunciava l’aumento delle pene minime per i reati di corruzione e al contempo l’aumento del periodo di prescrizione (che dipende invece dalla pena massima), ieri Renzi ha corretto il tiro, pur tenendosi sempre sul vago: «La pena minima per la corruzione propria passa da 4 a 6 anni, la massima da 8 a 10. E poi è prevista la restituzione del maltolto».

Togliere il maltolto vuol dire confiscare i beni, cosa che Renzi martedì scorso forse non aveva ben chiaro. Ma ieri ha precisato: «Viene resa più semplice anche la confisca» dei beni dei corrotti, rifacendosi eventualmente anche sugli eredi. I quali saranno «corresponsabili nel senso patrimoniale». Ai giornalisti riuniti in conferenza stampa, spiega qualcosa di più il ministro di Giustizia, Andrea Orlando: «L’aggressione ai patrimoni, come per la lotta alla mafia, è la vera chiave di volta. Sottrarre il malloppo fa più paura della detenzione e restituisce alla società quello che le è stato tolto».

Riguardo alla prescrizione, con le nuove norme su cui a detta di Renzi «c’è l’accordo di tutto il governo», il tempo in cui il reato di prescrive «si allunga – ha spiegato il Guardasigilli – di due anni dopo la condanna di primo grado e di un anno dopo il secondo grado, come avevamo previsto». Mentre «il patteggiamento rimane una via possibile ma non potrà escludere la possibilità della pena detentiva». Norme che non si applicano però al pregresso perché, come è noto, «per chi ha commesso il reato in passato vige il principio giuridico del favor rei, come sanzionato dalla Carta costituzionale».

Che si tratti dell’ennesimo annuncio lo si intuisce dalle parole di Orlando che parla di «lavorare su norme già incardinate». Vale a dire sui provvedimenti già in discussione in parlamento. Ma per il segretario del Pd l’importante è lanciare il messaggio: «Siamo persone che vanno a testa più che alta su questi temi». Ma non è poco.