Cent’anni fa, a Livorno, la mattina del 21 gennaio del 1921, dal proscenio del teatro Goldoni ove si svolge il diciassettesimo congresso del Partito socialista, Amadeo Bordiga prende la parola per comunicare: «I delegati che hanno votato la mozione della frazione comunista abbandonino la sala. Sono convocati alle undici al teatro San Marco, per deliberare la costituzione del Partito comunista, sezione italiana della Terza internazionale». 1991: settanta anni dopo, a Rimini, dal 31 gennaio al 4 febbraio, si tiene il ventesimo congresso del Partito comunista che ne decide lo scioglimento. In quest’anno 2021, per la legge dei numeri, vengono a coincidere il centesimo anniversario della fondazione e, insieme, il trentesimo della fine del Partito comunista. Il Partito comunista una delle componenti essenziali della democrazia repubblicana, presente in modo determinante fin dalla elaborazione della Costituzione del 1948.

Lo studio della storia del Partito comunista dentro la storia del primo cinquantennio dell’Italia repubblicana si configura come un compito essenziale, un elemento necessario alla formazione civile delle nuove generazioni. Si dice una analisi storica, non un sommario rifarsi ad episodi e figure da richiamare in virtù d’una ricorrenza di date. Le edicole, i talk show e le librerie già accolgono scritti e parole sul Partito comunista, a cent’anni da Livorno, a trent’anni da Rimini. Infatti la combinazione delle date fornisce una ghiotta occasione per una pubblicistica eterogenea, di impianto variegato, che va dalla testimonianza alla rievocazione nostalgica oppure alla indignata denuncia, dall’aneddotica alla, raramente, riflessione ponderata e seria, il tutto evocato e svolto, per lo più e a larga prevalenza, nei modi di una intonazione giornalistica, meglio se atteggiata sotto specie di serio contributo storiografico. Si tratta, in realtà, di una pubblicistica promossa con commerciale tempestività dalla editoria di buona bocca per lettori di bocca buona. E questo vale anche nel caso della intensa vicenda del Partito comunista italiano, tanto radicata e tenace quanto frastagliata, riconoscibile nelle sue continuità come nei significativi mutamenti e nei tentati rinnovi.

È che gli anniversari, le indicazioni cavate dalle mere corrispondenze numeriche delle tavole cronologiche, paiono oggi orientare la ricerca storica, quasi a volerla sottrarre alle motivazioni e alle metodiche d’una storiografia intesa ad acquisire consapevolezza critica degli accadimenti trascorsi. La conoscenza della storia e, più ancora, una sensibilità culturale che solo può recare la riflessione storica quale indispensabile presupposto della convivenza civile, menano oggi una vita assai grama. D’una cultura storica da alimentare nella ricerca e promuovere nella scuola, si ha oggi minima o nessuna cura, e se ne vedono le conseguenze nefaste prima di tutto nell’educazione civica e nella coscienza politica diffusa, di misera veduta, rozza, propensa alle violenze connaturate all’ignoranza.

Non c’è penuria invece, oggi, in Italia, di documentari con rinverdite immagini d’archivio da trasmettere sulle televisioni, arricchite da confezionati commenti a più voci, doverosamente affidati, a chiudere il cerchio, ai medesimi compilatori dei volumi in libreria. Non parlo del meritorio canale di Rai Storia. Dico dei dilaganti talk show, dove sono ascoltati in studio, (conduttori e conduttrici a porger loro domande che paiono molto pensate) quanti si sono fatti una reputazione di onorati studiosi o quanto meno di riconosciuti esperti di fatti storici per aver già prodotto e ben venduto la stagione scorsa, come attestato nelle classifiche settimanali, costui, nel 2017, un commentario storico-politico della rivoluzione Russa con preventiva condanna di Lenin fatto tutt’uno con Stalin, Trockij redento dalla feroce morte inflittagli; quest’altro puntuale autore, nell’anno centenario, di un centone sulla Grande Guerra del quindici diciotto; un terzo che ha predisposto ora, nel 2021, una esaustiva rivisitazione di Dante Alighieri, nel 1321 passato a miglior vita, ne fa fede il calendario, ottocento anni fa.