È scomparsa Anne Marie Sauzeau al termine di una malattia di cui poco sapevano anche le persone che la conoscevano bene. Nel ricordarla dobbiamo far convivere attitudini e sfere di conoscenza diverse,disponendone i tasselli l’uno accanto all’altro in modo da farli gentilmente combaciare. Un nomadismo intellettuale il suo che sembrava germogliare dall’istintivo reagire, in maniera lucida e lieve e sempre intelligente, alle vicende della vita. Operando scelte, elaborando contributi, mettendo a punto una pratica che ora possiamo prendere a modello di quel tentativo di armonizzare la sfera privata con quella politica e pubblica, mecca della sua generazione che è stata giovane negli anni Sessanta. Ha scritto su Maurice Merleau-Ponty e sui temi della filosofia è più volte intervenuta sulle pagine di questo giornale di cui è stata a lungo firma autorevole. Nel 1976 ha tradotto e pubblicato in italiano S.C.U.M. il feroce manifesto per l’eliminazione dei maschi scritto nel 1967 dall’americana Valerie Solanas; allo scorcio degli anni Settanta, cogliendo, evidentemente e con tempismo, la necessità di sondare l’irrazionale, ha interrogato gli spiriti enigmatici che sono all’origine della modernità, riflettendo su Stephane Mallarmé e sul poeta e incisore Aubrey Beardsley. Con continuità ha esercitato la critica d’arte che ha saputo armonizzare con la militanza femminista.
A lei si deve la formulazione di alcuni interrogativi che sono ancora vitali se giovani studiose li assumono a punto di partenza delle loro ricerche, come è il caso di Marta Serravalli che introduce il suo recente studio sull’arte e il femminismo negli anni Settanta con la domanda di Anne Marie Sauzeau: dove si iscrive la differenza sessuale in arte? Nel 1975 di ritorno da un soggiorno a New York Sauzeau scriveva «il femminismo è ricerca intima della propria identità esiliata, prima ancora che rivendicazione dei diritti civili» e poi ancora una domanda: «l’arte ha un sesso?». Su «Data» prestigiosa rivista d’arte di cui era collaboratrice si diede una risposta, che suona quasi leggera, persino un poco ironica, tanto stempera con l’evidenza dei fatti la sintesi ideologica che da essi ne è derivata: «L’arte forse no, ma gli artisti sì».
La sua militanza, sintetizzata nel concetto su cui è tornata più volte a riflettere di «altra creatività», si è dunque espressa mettendo a frutto la sua profonda capacità di intendere e la sua felice scrittura soprattutto al servizio delle donne artiste. Lungo il catalogo di coloro su cui ha riflettuto e scritto, da Carla Accardi a Giosetta Fioroni, da Artemisia Gentileschi a Edita Broglio, Marilù Eustachio, Lucia Romualdi, Suzanne Santoro, Elisa Montessori.
A rompere l’esclusività di questa scelta quasi tutta al femminile bisogna considerare l’altro grande «tassello» della sua vita: quel genio di Alighiero Boetti conosciuto nel 1962, quando lui ancora neanche faceva i disegni psichedelici, sposato nel 1964 quando ancora mancava qualche anno all’exploit dell’Arte Povera e insieme al quale ha fatto due figli, Matteo e Agata mettendo su una famiglia che ha retto a lungo. Con Boetti, Sauzeau ha condiviso anche più di un lavoro, il libro, ad esempio, iniziato nel 1970 e pubblicato nel 1977 con la classifica dei mille fiumi più lunghi del mondo: una bella impresa condensare in un volume migliaia di chilometri di acqua che scorre! A Boetti Sauzeau ha dedicato più di uno studio. Gli ultimi anni l’hanno vista impegnata, in collaborazione con la seconda moglie dell’artista, nella pubblicazione del catalogo generale delle opere di Boetti. A Sauzeau spettava il compito di coordinare il lavoro scientifico e il suo sapiente aderire al dato oggettivo e la sua capacità di scarto rispetto alle norme le ha permesso, ancora una volta, di consegnare un lavoro coraggioso e innovativo.