Voglio ricordare Annarita Sidoti partendo da una citazione dell’ultimo film di Nanni Moretti, Mia madre. E’ un film che sento come un traguardo personale. Da anni mi sono battuta perché la parte femminile che è in tutti noi si esprimesse. Ma non alla Flaubert (madame Bovary c’est moi) e neppure secondo le analisi della critica femminista alla Laura Mulvey, secondo cui la dark lady raffigurata dal noir americano degli anni quaranta era una Fallizzazione della donna. Alla Cechov, piuttosto, ma da allora era raro vedere (perfino sugli schermi firmati dalle registe) personaggi tanto attuali e profondi come quello impersonato da Margherita Buy che anche se interpreta dichiaratamente l’alter ego dell’autore non per questo ne è la copia né la celebrazione, anzi.

Il segreto lo svela lo stesso Nanni, con una autocitazione tormentone nel film: la recitazione deve stare accanto al personaggio, ovvero la persona che lo interpreta deve anch’essa essere percepibile, in quella sorta di “sfraso” caro appunto a Cechov. Lo stesso tormentone, sebbene in versione negativa e antitetica a quella cecoviana, lo abbiamo studiato con le analisi di DIVISMO. Anche qui la persona doveva stare a fianco del personaggio, ma non per amore della verità o della rappresentazione, bensì per le ferree leggi del mercato.

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Un divo ha una filiera di sfruttamento più lunga e più sicura del singolo personaggio di una pièce. Ma veniamo ad Anna Rita. Oggi su Repubblica c’è un suo bellissimo ritratto a firma Enrico Sisti che così cita il mio film Le Complici: “ Dopo il trionfo di Atene la vollero in un piccolo film come debuttante..erano rimasti folgorati da una sua foto, il look androgino, quel non tradire sensualità eppure una strana e infinita tenerezza nello sguardo…atletica e cinema. Sempre una foto aveva convinto Pasolini, prima che Annarita nascesse (fine 68) ad affidare a Giuseppe Gentile, fresco bronzo nel triplo ai Giochi di Città del Messico, la parte di Giasone in Medea accanto a Maria Callas. “

In realtà la scelsi proprio in virtù di quello “sfraso” ,in bilico tra un divismo non più “sostenibile” (auto esiliato per inquinamento) e un cechovismo adorabile, attraverso la via maestra delle cose ancora non dette, per trovare le cui parole si deve andare nella foresta vergine e provare a trovare varchi senza per forza usare il machete. (La Sidoti baciava per la prima volta nel cinema italiano un’altra donna – e la cosa davvero pur nel vicino 1998 ci procurò non pochi guai – anzi grazie ancora alla perla rara e unica e lungimirante Andrea Occhipinti)

Non tutti apprezzarono la scelta di lasciare la presa diretta e una non – attrice che più che spontaneità tradisce meccanicità, ma Anna Rita bucava lo schermo proprio con quella dolce aria da automa, dell’autodisciplina, (se non si allenava un giorno era affetta da vere e proprie crisi di astinenza da endorfine), della sua distanza dagli altri attori “veri” (Antonella Fattori, Urbano Barberini, Arnaldo Ninchi), del suo segnare un personaggio che come lei (per citare ancora SISTI) è “pronto a conquistare vittorie e accogliere sconfitte, di donna pronta a difendersi da tutto, forte di una volontà tutta sua, allenata alle lunghe distanze, quando vedi sempre la ragione di tanta fatica, quando concludere un allenamento è sì una gioia ma in fondo non più di tanto.perché la felicità di esserci o di esserci stata confonde l’inizio con la fine della sofferenza. Quando si ricomincia ?”

Ricordo su un volo Cannes-Roma l’urlo di un Roberto Silvestri entusiasta ai passeggeri un po’ cannensi e un po’ non, nel vedermi “E’ lei che ha fatto recitare la Sidoti “ e giù applausi a “carlinga” aperta ! Ricordo la prima pagina della Gazzetta dello Sport scoperta ad un incrocio di strada (allora c’erano più Strilloni e meno internet) con una Anna Rita ritratta con la pistola alla James Bond (il film Le Complici è un noir).

Insomma, piccoli traguardi di stare accanto al cinema, come piace a me. Immaginando che la strada sia sempre qualcos’altro, qualcosa oltre lo schermo, che ci accomuna tutti, ed è in quella strada, olimpionica o sterrata, che vale la pena cercare,per restituire opere incompiute o troppo brevi come la vita di Anna Rita, ma memorabili.