Inaugurazione importante della stagione del teatro Cucinelli e del teatro stabile dell’Umbria, di cui lo stesso Cucinelli è presidente. Lo spettacolo ha la sua forza magnetica in Anna Maria Guarnieri, protagonista di Sinfonia d’autunno, che molti ricordano come un film amarissimo di Ingmar Bergman sulla quasi impossibilità dei rapporti familiari. Qui, con la regia di Gabriele Lavia, il tema del testo (che ripercorre fedelmente la sceneggiatura del film con Ingrid Bergman) sembra proiettarsi verso un futuro già presente di freddezze scandinave, nell’ambiente come nelle persone.
In realtà Bergman attinge largamente a Cechov, a quella disperata inerzia per cui le trascuratezze si fanno rancori, e nulla quadra o coincide mai nei sentimenti di ciascuno verso gli altri. La protagonista Charlotte è una musicista reduce da trionfali tournée, che torna per un momento in casa delle figlie, soprattutto di una che col marito hanno appena perso una creatura di pochi anni. L’altra figlia è su una sedia a rotelle, allo stato semivegetativo. Pare il ritorno a casa della Ljubova nel Giardino dei ciliegi, tanto casuale quanto portatore di ulteriore infelicità. Ma Cechov è più laico del luterano Bergman, e solo una sonata autunnale (più che una sinfonia) può mettere in fila sensi di colpa e di infelicità, di cui ognuno è in parte responsabile.

Anna Maria Guarnieri è sempre bellissima e pungente, pur con tutti gli acciacchi che il personaggio le impone (come una finta zazzera canuta e sbarazzina). Danilo Nigrelli, il genero, ha conquistato in pochi anni una bella maturità e una capacità di convincere che a tratti è commovente. Valeria Milillo è in una infelice posizione angolare, tra i due, il dolore e il mondo, ma alza i toni per sopravvivere.

Silvia Salvatori mugugna e urla la sua bestemmia al cielo. La regia di Lavia irrora a piene mani, e orecchie, tuoni e cataclismi, quasi a voler dar voce a quelli interiori. Ma le sospensioni, le pose statuarie e i giochi di luce potrebbero esser superati facilmente per stringere maggiormente quel vicolo cieco famigliare, che qui invece pare incamminarsi dal dramma borghese verso la tragedia attica. Alessandro Camera firma la scenografia ikea di rigore, mentre molto belli son gli abiti che Claudia Calvaresi modella sugli attori, con la stessa morbidezza del padrone di casa verso le sue clienti.