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Anna Magnani,la notte degli oscar

Il libro, un'anticipazione Dalla vigilia ai festeggiamenti e telegrammi dei celebri colleghi, inizia così il libro dedicato alla nostra diva più internazionale

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 2 novembre 2013

Il 21 marzo 1956, alla vigilia dell’assegnazione degli Academy Awards, Anna attende l’esito delle votazioni circondata dagli amici più cari. È infastidita dall’atmosfera di Lascia o raddoppia? che le si sta creando attorno perché dopo la nomination per La rosa tatuata tutta la città partecipa all’attesa dell’Oscar considerato quasi un evento nazionale.

Per allentare la tensione, esce di casa sotto la pioggia e fa una lunga passeggiata con i suoi cani. Quando ritorna è più serena, ma solo alle quattro di mattina decide finalmente di andare a dormire. Appena due ore dopo viene svegliata dalla telefonata di un giornalista che cerca inutilmente di darle la notizia della vittoria. Gli butta giù il telefono perché crede che sia uno scherzo. Ma l’ostinato informatore la richiama e a questo punto deve convincersi. Da quel momento non ha più pace. In vestaglia e pantofole, spettinata più del solito, parla ai giornalisti di dieci radio europee e americane, si intrattiene con i reporter della televisione italiana e delle agenzie di stampa. La sua segretaria Valeria è sommersa di telefonate, telegrammi, fiori, richieste di ogni genere. Le domande le piovono addosso da ogni parte. Ogni tanto esce a guardare le cupole delle chiese dalla terrazza e poi si avvicina alla tribù dei cani e dei gatti che disturbati dalla confusione la vengono a cercare in mezzo alla folla.

Verso l’una ha un po’ di respiro e può restare sola tra i cesti di rose che riempiono il salotto. Si mette al telefono e chiede la comunicazione urgentissima per Losanna. Dopo pochi minuti le risponde Cellino, così chiama suo figlio Luca, la prima persona a cui dà la notizia. «Cellino, amore, lo sai che la mamma ha vinto l’Oscar?». «Nooo». «Come no? Sì, ti dico». «Mamma, bravissima, sei contenta?» «Molto e anche perché mi hai detto brava, finalmente. Lo sai che è la prima volta che me lo dici? A te non piacciono i miei film». «Beh, che c’entra, non parliamo di questo. Guarda che arrivo a Roma martedì». «Ti aspetto, Cellino, amore mio». «Arrivooo». Il primo telegramma di rallegramenti lo riceve da Tennessee Williams: «La verità è che ieri sera è stato il tuo trionfo. Io lo sapevo bene eppure ho dovuto faticare a convincerti. Nessuna tranne te sarebbe stata capace di impersonare Serafina così come l’ho vista, perché Serafina sei tu. Non so se riuscirò mai a smettere di scrivere personaggi per te, anche se tu li rifiuti».

Luchino Visconti le scrive con entusiasmo: «Anna cara, ti sono teneramente vicino prendendo parte alla tua grande, meritatissima gioia che premia ancora una volta e nel modo più clamoroso la tua vita di grande artista e il tuo generoso, autentico talento. Tutti i tuoi veri amici si stringono oggi attorno a te commossi e soddisfatti per ripeterti il loro caldo compiacimento. Brava, brava, brava. Ti abbraccio». Burt Lancaster, suo partner nel film, le manda un mazzo di rose. Jean Renoir si congratula: «Bravò. Sono pieno di gioia». Bette Davis le telegrafa in un italiano approssimativo: «Anna carissima, io lavoro con uno italiano, Ernest Borgnine, lui vencutto. Io competo con una italiana, Anna Magnani, lei vince. Voi italiani meglio se state a casa. Seriamente. Ernest e io mandiamo tutto la nostra amore e nostri congratulazione». Anna le risponde: «Sono felice e orgogliosa che tu abbia voluto per un momento chiamarmi tua rivale e sono fiera di essere amica dell’attrice e della donna più adorabile del mondo. Ho un solo desiderio, rivederti e abbracciarti presto. Con tanto amore. Grazie».

Più tardi si reca in macchina all’Hotel Excelsior alla conferenza stampa organizzata dalla Paramount per la prima attrice italiana che ha conquistato l’Oscar. L’aria fredda e qualche spruzzo di pioggia entrano dal finestrino spalancato, ma Anna non se ne accorge neppure. Davanti all’albergo, dove una folla l’attende, esita un attimo, poi con un colpo di acceleratore si dirige su per la salita di via Veneto verso Porta Pinciana. Non può far aspettare Lillina, la bassotta che l’accompagna e deve fare la sua passeggiata. Quando arriva in ritardo nel grande salone dell’albergo fra il lampo ininterrotto dei flash dice ai giornalisti: «Sono felice perché penso di aver fatto al pubblico del mio paese il regalo più bello che era in mio potere di fargli. Questo è il più gran giorno della mia carriera, la più bella sorpresa che potessi aspettarmi e che del resto non mi aspettavo. Sono soprattutto felice perché con me la cinematografia americana ha premiato l’Italia. Ma è soprattutto a Roma, alla mia città, che intendo riferirmi quando parlo dell’Italia. Devo aggiungere una cosa, devo esprimere la mia gratitudine verso il senso di democrazia del grande popolo americano che non ha esitato ad attribuire il massimo premio artistico dell’anno a un’attrice straniera».

Nella tarda serata festeggia con gli amici che sono rimasti con lei, la sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico, l’operatore Aldo Tonti, il radiocronista Lello Bersani, la giornalista Egle Monti, il suo compagno Gabriele Tinti. A casa improvvisa una cena con antipasto, vino rosso, spezzatino di pollo con patate, polpette e tre porzioni di crostata. Quando finiscono Anna ride: «Le donne di servizio sono state proprio brave. Ci siamo mangiati tutti gli avanzi di ieri».

Due giorni dopo, nella pace del Circeo, trova finalmente il tempo di raccontare a Natalia Danesi – l’amica che aveva incontrato nei primi spettacoli teatrali e poi a New York dove si era trasferita con il marito americano – in una lunga lettera sovreccitata la sua reazione al premio e il contraccolpo in Italia: «Natalia mia che momenti. Dopo però, solo dopo! In novantasei ore ne avrò dormito sì e no dieci! Tutta la notte del 21 l’ho passata serenissima e calma, non ci pensavo proprio, credimi, come del resto ti ho scritto più di una volta. Perciò trovavo ingiustificata l’“asmatica” ansia di certi miei amici, e in particolar modo presi in giro Egle Monti fino alle tre di mattina svegliandola ogni tanto con false notizie sul “l’ho preso”, e “non l’ho preso”, fino all’ultima telefonata che si è svolta così: “Egle sai non lo posso prendere”. “Ma perché, Anna mia, cosa è che te lo fa supporre, tu me fai morì!”. “Ma sì Egle, non lo posso prendere stasera, perché il Tinti, è troppo stanco (il mio Leone) e domattina si deve alzare alle otto”. Dall’altra parte del telefono mi è arrivato un bel “ma vammoriammazzata”. E così ci siamo addormentati ridendo!

Alle sei di mattina quando mi hanno svegliato per dirmi che un giornalista straniero aveva da comunicarmi una notizia importante, ho creduto a una vendettina di Egle, e perciò ho sbattuto bellamente il telefono in faccia al poveretto, dicendogli piuttosto scocciata “Voglio dormire, a quest’ora non mi piacciono gli scherzi!”. Questo assatanato richiamandomi con urla incomprensibili ha cercato di farmi capire che ero un’irresponsabile. Insomma dalle sei e mezzo è cominciata la processione. La mia casa è stata invasa letteralmente. Giornali, fotografi, radio inglese, americana, francese, televisione, Incom. Il pomeriggio conferenza stampa! Insomma il tutto è andato avanti fino al 23 notte, con gli ultimi giornalisti, e l’ultimo Giornale Radio. Burt Lancaster si è fatto vivo con un telegramma, è felice per il mio meritato Oscar, è sempre stato sicuro che lo avrei preso. Finiva così, “Love and kisses”. Io gli ho risposto: “Anche tu lo avresti dovuto prendere”. Frank Capra mi ha telegrafato. “Congratulations, viva noi”. Borgnine, dopo le congratulazioni: “È questo un grande giorno per Roma”. Io ho risposto che era un grande giorno per l’Italia!!! Poiché anche lui in fondo era italiano. Wallis, Ten, Audrey, Irene, Hazen, e l’operatore. Tutti, e centinaia di altri e poi migliaia di italiani a me sconosciuti.

Uno dei più carini è stato il telegramma di due ragazzi di sedici anni. Uno, il figlio di Suso, e l’altro un suo amico, che in un unico telegramma mi hanno detto: “Tutti i nostri complimenti e la nostra solidarietà. Abbasso le bone”».

Ma l’avventura di Anna è cominciata molti anni prima.

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