«Avvertiamo l’assoluta iniquità di un imputato abbandonato ai tempi indefiniti del processo». Il segnale che arriva dal nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, è forte e chiaro per la nuova ministra della giustizia Marta Cartabia. La magistratura associata italiana allenta la difesa strenua della riforma dell’ex ministro Bonafede, quella che nella legge «spazzacorrotti» aveva cancellato la prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado, dirottando gli imputati sul binario di un processo eterno. Quella riforma, spiega adesso Santalucia, «è una riforma a metà», perché «lasciava morire la prescrizione con la sentenza di primo grado ma poi non creava le condizioni per un governo certo dei tempi del processo successivo». Non è molto diverso da quello che gli avvocati penalisti sostengono da tempo, e forse non è casuale che Santalucia prima di guidare l’Anm sia stato capo dell’ufficio legislativo dell’ex ministro della giustizia Orlando che aveva fatto una diversa riforma della prescrizione. Alla neo ministra Cartabia si è rivolto anche il presidente dell’Unione camere penali Giandomenico Caiazza, ricordando che la sostanziale abolizione dell’istituto della prescrizione «resta una ferita aperta nella nostra civiltà giuridica». Toni diversi, in senso opposto, arrivano però da Forza Italia dove il responsabile giustizia Francesco Paolo Sisto (candidato al posto di sottosegretario) raffredda la battaglia sugli emendamenti (al decreto milleproroghe) per il ripristino delle prescrizione: «Siamo per il dialogo».