Il ministro della giustizia accelera sulla riforma del Csm e trova i magistrati italiani in mezzo al guado. La crisi dell’accordo politico a tre che reggeva l’Anm – Unicost (moderati), Area (sinistra) e Autonomia e Indipendenza (Davigo) – spinge la corrente che fin qui era esclusa, Magistratura indipendente (destra) a mettere in dubbio la legittimità dell’attuale giunta, dimissionaria, a rappresentare le toghe negli incontri con il guardasigilli. Non è così secondo il presidente dell’Associazione Luca Poniz (Area), dimissionario ma intenzionato a rappresentare le toghe nei prossimi delicati passaggi. Sulla legge elettorale per il Csm come sulla prescrizione.

Il comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati è tornato a riunirsi ieri sera, in videoconferenza, per provare a uscire dall’angolo in cui era finito sabato per le dimissioni a catena dei magistrati di Unicost e Area. Un giorno e mezzo di conciliaboli tra le correnti non sono bastati a costruire una nuova convergenza. Le elezioni tra i novemila magistrati italiani – che si sarebbero già dovute tenere, ma sono state rinviate per l’emergenza Covid-19 – sono comunque in pista per l’autunno. E la guida dell’Anm nella tempesta delle chat di Palamara, che è già arrivata che si annuncia potenzialmente più forte, non attrae nessuno.

Le posizioni sono quattro, una per corrente. Unicost vorrebbe rinnovare il patto politico che regge la giunta per confermarla nei pieni poteri: «Non vogliamo essere responsabili di una crisi storica, la salvaguardia dell’Anm è un bene superiore», dice Alfonso Scermino, giudice a Nocera Inferiore. Area si dichiara indisponibile a qualsiasi nuova intesa politica e considera praticabile solo la proroga della giunta fino alle elezioni: «Le condizioni politiche non sussistono più, altre giunte si facciano avanti se ci sono», sostiene Alcide Maritati, giudice a Lecce. Ma Magistratura indipendente intende restare fuori da ogni accordo e chiede solo le elezioni immediate. Anche prima dell’estate insiste Giancarlo Dominijanni, pm a Pisa (ma dovendosi sperimentare il voto elettronico la strada è impraticabile). Infine Autonomia e Indipendenza andrebbe avanti con la stessa giunta e «un accordo politico minimo» come lo descrive Cesare Bonamartini, giudice a Brescia.

Dall’impasse secondo il presidente della giunta Luca Poniz si esce chiarendo che «l’Anm non è a rischio scioglimento e chi lo chiede deve vergognarsi visto che è una cosa che ha fatto solo il fascismo». La giunta, per Poniz, «rimane in sella» nella sua attuale composizione, «per dare continuità alla rappresentanza della magistratura».

Il presidente tenta una difesa orgogliosa delle toghe di fronte alla pubblicazione delle intercettazioni rubate dal trojan nel telefono di Palamara: «Respingiamo l’idea che quelle conversazioni frammentarie possano descrivere la magistratura. Parliamo a nome di quei magistrati che in quelle chat non ci sono e in quelle chat non si riconoscono. Cosa non va nelle relazioni con i politici non ce lo devono dire i politici che le hanno cercate».
La giunta, nelle intenzioni annunciate ieri sera da Poniz, continuerà con l’identica composizione, malgrado negli ultimi giorni tra Area e Unicost si sia registrata una rottura anche a colpi di comunicati e interviste. L’unica cosa che Poniz concede alle richieste di Mi è quella di «verificare insieme la possibilità di tenere le elezioni al più presto, anche prima di ottobre». E poi il lavoro della giunta sarà sorvegliato da vicino dal parlamentino, il comitato direttivo centrale dove Mi è ben rappresentata, che si riunirà costantemente. Anzi, al termine dei lavori di ieri sera – solo due ore, contro le dieci di sabato – c’è già una prima convocazione. All’ordine del giorno c’è proprio la valutazione della relazione dei probiviri sui magistrati coinvolti nello scandalo delle nomine orchestrate. Nuove tensioni si annunciano.