Un minuto di silenzio per le vittime palestinesi di lunedì: così si è aperto, in modo piuttosto insolito, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Se lunedì gli Stati uniti avevano prontamente posto il veto alla richiesta di indagine indipendente sui fatti di Gaza, ieri il Consiglio ha discusso la bozza di risoluzione del Kuwait che chiede «protezione internazionale per i civili palestinesi».

Mentre in tutta la Palestina storica scioperi generali e manifestazioni commemoravano la Nakba e il massacro di lunedì, al Palazzo di Vetro Israele riproponeva la propria narrativa: «Non sono manifestanti, hanno esplosivi – ha detto l’ambasciatore Danon – Ogni vittima è una vittima di crimini di guerra di Hamas».

Identica la posizione Usa: per l’ambasciatrice Nikki Haley (che con «eleganza» ha lasciato il meeting quando ha parlato il rappresentante palestinese Riad Mansour), «nessun altro paese avrebbe potuto usare più moderazione di Israele». Risponde il presidente palestinese Abu Mazen: ieri sera ha richiamato il suo rappresentante negli Stati uniti.

Condanne però sono giunte anche da alleati storici di Israele: la Gran Bretagna ha chiesto un’inchiesta dell’Onu e l’allentamento delle restrizioni al movimento imposte dalle autorità israeliane sulla popolazione palestinese; la Francia ha avvertito del pericolo di una guerra scatenata da «un ingiustificato livello di violenza» da parte israeliana.

Dura la reazione del Belgio, che ieri ha convocato l’ambasciatrice israeliana, ma soprattutto del Sudafrica (dove ieri in migliaia hanno manifestato in solidarietà con la Palestina) che ha ritirato l’ambasciatore in Israele.

E poi c’è la Turchia: il governo di Ankara ha prima ritirato i propri rappresentanti diplomatici da Washington e Tel Aviv e poi invitato quello israeliano ad andarsene «temporaneamente» da Ankara. La risposta israeliana è arrivata a stretto giro: il console turco è stato espulso e il ministro dell’agricoltura Ariel ha sospeso le importazioni di beni agricoli dalla Turchia.

Si fa viva la Lega Araba con un appello alla Corte Penale internazionale a indagare «i crimini dell’occupazione israeliana contro il popolo palestinese». La Corte risponde: il procuratore Bensouda fa sapere che prenderà «tutte le misure appropriate» e che sta già esaminando «tutti i presunti crimini e le eventuali responsabilità».