Se abitate con un gatto, vi sarà capitato a volte di lasciargli la radio accesa «per tenergli compagnia» mentre è a casa da solo. Magari qualcuno di voi riterrà di conoscere addirittura i gusti musicali del suo micio: «È un appassionato di indietronica», oppure «preferisce il punk rock dei Ramones». «Si rilassa con i notturni di Chopin», e sicuramente «“gradisce la discografia completa di Cat Power».

Mi spiace disilludervi, ma alcuni scienziati (tra cui Charles Snowdon, uno psicologo per animali dell’Università di Wisconsin-Madison) hanno scoperto che gran parte della musica «umana» (dalla classica al metal) suona sgradevole alle orecchie feline (ma anche agli altri animali). Infatti, essendo la loro estensione vocale e il loro battito cardiaco molto diversi dai nostri, semplicemente non sono «programmati» per apprezzare le nostre canzoni. Ma, se generalmente gli animali rispondono alla musica «umana» con totale disinteresse o perfino fastidio, sono comunque in grado di apprezzare una musica diversa, creata su misura per loro. Come quella che Snowdon, con l’aiuto del compositore e violoncellista David Teie, ha composto appositamente per gatti, con toni, frequenze e tempi a loro familiari.

I gatti, dunque, non amano la musica rock. Chi scrive l’aveva già intuito nel momento in cui la pelosa di casa, arrivata da noi poche settimane prima, ha iniziato a soffiare alle casse dello stereo che diffondevano il primo disco degli Üstmamò. Ma al contrario, il rockama i gatti.

Numerose sono le copertine di dischi abbellite dalla presenza graziosa ed elegante dei piccoli felini. La cantautrice americana Carole King, ad esempio, ha voluto con sé nella foto di copertina del suo famoso Tapestry (1971) il suo soriano Telemachus, e sicuramente quel musetto buffo ha contribuito alle vendite fortunatissime del disco. Dalle comodità domestiche alle avventure spaziali: indossa una tuta da astronauta il gatto bianco e nero sulla copertina di Surfing the Void (2010) dei britannici Klaxons; e un altro gatto cosmico (questa volta in forma illustrata) si trova sulla copertina del disco eponimo della band indie lo-fi americana Beat Happening. I gatti, si sa, sono animali contemplativi. E quale migliore colonna sonora per i loro pensieri misteriosi che del buon vecchio dream pop? Sarà d’accordo il gatto-copertina di Comforts of Madness (1990) dei Pale Saints. Ci vuole un attimo a decifrare l’ammasso di pelo bianco sulla copertina di Whirlpool (1991) della band shoegaze britannica Chapterhouse: è proprio un gatto che dorme raggomitolato in una tipica posizione yoga. Adorabile, come la band, il gattino di Crazy for You (2010) dei Best Coast. Tigrato, nero, o bianco e nero? Gattini per tutti i gusti sulla copertina di With Love and Squalor (2005) dei We Are Scientists. E ancora gatti (disegnati, o in carne e pelo) sulle copertine di Cheshire Cat (Blink 182), Test Card Girl (Talulah Gosh), Pussycat Meow (Dee-Lite), Poor Aim: Love Songs (The Blow), The Bitch Don’t Work (Elastica), Songs About My Cats (Venetian Snares), Unfun (Jawbreaker), Knock Knock (Smog), Cat and the Cobra (Les Savy Fav), Flash Delirium (Mgmt) e decine di altri dischi.

Ci sono band che rendono omaggio ai felini già dal nome, come le Free Kitten, il supergruppo formato da Kim Gordon e Julie Cafritz (date un’occhiata anche agli artwork dei loro dischi Lick!, del 1993, e Punks Suing Punks, del 1996); il francese Electronicat (gatto anche sulla cover del suo Cat a Tac, 2000); e il trio rockabilly americano degli anni Ottanta Stray Cats.

Ma i vanitosi gatti non si accontentano delle copertine. Agili si intrufolano tra i solchi, e spesso, come nella vita reale, rubano la scena, diventando i protagonisti delle canzoni.

Delilah dei Queen (dall’album Innuendo, 1991) è una canzone che Freddie Mercury scrisse per la sua gatta «tartarugata» preferita, Delilah, appunto. Il frontman dei Queen era un vero cat lover: aveva numerosi gatti, e quando era in tour telefonava a casa per parlare con loro. Dedicò il suo primo album solista, Mr. Bad Guy (1985), a chi condivideva il suo apprezzamento per i felini: «Al mio gatto Jerry – anche a Tom, Oscar e Tiffany, e tutti gli amanti dei gatti in tutto l’universo – affanculo tutti gli altri». Perfino la chitarra di Brian May miagola nella dolcissima Delilah: «Mi rendi così felice/quando ti raggomitoli e ti addormenti accanto a me/e poi mi fai un po’ incazzare/quando pisci su tutti i miei mobili Chippendale». Ma, lo sanno tutti gli amanti dei gatti, al proprio micio si perdona tutto. E il brano termina con un affettuoso «I love your kisses». A quanto pare Freddie Mercury non era l’unico membro dei Queen con una passione per i gatti. Il chitarrista Brian May scrisse e cantò il brano All Dead, All Dead (dal celebre album News of the World del 1977), una tenera canzone che parla della morte della gatta della sua infanzia, la sua «piccola amica» mai dimenticata: «Abbiamo fatto così tanti giochi/per tutte le estati fugaci/per ogni giorno prezioso».

Rock Animals è l’album del 1994 del trio nipponico Shonen Knife. In questo disco, tra brani su animali di cemento (Concrete Animals), e ragazzi-farfalla (Butterfly Boy, featuring Thurston Moore), c’è posto per Catnip Dream, ode a un grasso gatto tartarugato e all’erba gatta («L’erba gatta è una droga felina/un tiro, due tiri» e il buffo micio ha gli occhi «molto assonnati»). Ma già due anni prima, in Let’s Knife, le giapponesi si erano identificate con il felino nel brano I Am a Cat: «Scopro orecchie di un gatto nella via lattea/e me le metto in testa/In un attimo divento un dolce gattino/E ballo su un disco volante», cantano con la loro solita vena surreale.

Doppietta felina anche per The Cure. È del 1981 All Cats Are Grey (da Faith), la quale però, nonostante il titolo, non parla di gatti ma, secondo Robert Smith, dell’«incubo di essere intrappolato in una grotta – con echi della fossa e di celle di prigionia». Sembrerebbe più spensierato e brioso, a un ascolto distratto, The Love Cats, il loro singolo del 1983 e la loro prima hit da top 10 in Gran Bretagna. Un brano non molto amato da Robert Smith: «The Love Cats è tutt’altro che la mia canzone preferita: composta da sbronzo, video girato da sbronzo, promozione fatta da sbronzo. Era una burla«. Una burla che parla di gatti morti: Robert sei una sagoma. Il testo di The Love Cats (o The Lovecats), come afferma lo stesso Smith in The Cure: A Visual Documentary (di Dave Thompson), era stato ispirato da un romanzo dell’autore australiano Patrick White. Nel romanzo si parla di una gatta rimasta incinta di un gatto sconosciuto: «Quindi i suoi gattini erano conosciuti come the love cats (i gatti dell’amore, ndr)». I gattini appena nati vengono messi in un sacco e gettati nel fiume (che nella canzone diventa il mare: «Into the sea/You and me»). Smith ha inoltre dichiarato: «Mi piacerebbe molto essere un gatto. I gatti mi piacciono perché fanno molto poco, a parte fare rumorini buffi, scopare, mangiare e dormire». Come contraddirlo?

Un’altra coppia di canzoni tristi che parlano di gatti è firmata The Weakerthans. La prima, Plea from a Cat Named Virtute, è tratta dall’album Reconstruction Site (2003), la seconda, Virtute the Cat Explains Her Departure, dall’album Reunion Tour (2007). Entrambi i brani della band indie canadese sono scritti dal punto di vista della gatta Virtute, e hanno fatto versar lacrime a centinaia di fan. Nel primo brano Virtute (in latino «virtù», ma anche «forza») è stufa della depressione e dell’apatia in cui è caduto l’uomo che l’ha trovata. Lui non mangia più, dorme troppo, parla da solo, non fa altro che bere e guardare la tv. La gatta cerca di tirarlo fuori da questa situazione, di farlo reagire, ma non ci riesce. Nel secondo brano scopriamo che Virtute, stanca di essere ignorata, se n’è andata. Ora vive in un cantiere. Alla sera, quando gli operai se ne sono andati e tutto è silenzioso, ripensa a quando abitava con l’uomo, a quando lei lo aspettava a casa, e lui tornava con le crocchette e la birra. E a come graffiasse le lattine vuote solo per sentire il suono che lui aveva trovato per lei (cioè il suo nome). Ma lei questo suono ora non lo ricorda più.

Tra gli altri gatti del rock, più o meno celebri, ricordiamo: l’enigmatico siamese protagonista di Lucifer Sam dei Pink Floyd (da The Piper at the Gates of Dawn, 1967); il micio grosso e grasso di Phenomenal Cat dei Kinks (1968); Tommy the Cat dei Primus (1991); il gatto con lo sguardo cattivo di Mean Eyed Cat di Johnny Cash (1960); il gattino ruffiano di Kitty dei The Presidents of the Usa (1995).

Questo per quanto riguarda il rock americano e britannico. Ma anche numerosi musicisti italiani hanno reso omaggio agli splendidi felini. Una delle canzoni italiane più famose degli Sessanta è dedicata proprio a una gatta: La gatta di Gino Paoli. Chi non conosce almeno i primi versi: «C’era una volta una gatta/che aveva una macchia nera sul muso»? Il brano racconta con malinconia e nostalgia la storia della giovinezza dell’autore, trascorsa in compagnia di una gatta che faceva le fusa quando Paoli suonava la chitarra.

Rimanendo negli anni Sessanta (1968) il cantante degli Showmen si chiedeva nella divertente Ma perché ami il gatto? (b-side della più celebre Un’ora sola ti vorrei) come mai, appunto, la sua donna amasse il gatto più di lui: «Ehi ma perché ami il gatto più di me?/Ogni giorno per lui mi trascuri così». A quanto pare il narratore è geloso di questa «bestia un po’ matta» che la donna tratta meglio di lui: «Avrà un bel muso, farà le fusa/ma il gatto è solamente un gatto, sai/Se potessi miagolare anch’io miao miao/qualche cosa forse ancora conterei». La canzone si conclude addirittura con un aut aut: «Da oggi in poi tu dovrai decidere/tra noi due chi vuoi». Scommettiamo che la donna avrà scelto il gatto?

Il gatto protagonista di Maledetto gatto di Lucio Battisti (dall’album Una donna per amico, 1978) è un micio «elegante, contenuto, un po’ ironico, garbato», ma anche «interessato, imbroglione, subdolo, matto», che scombussola le cene romantiche e i tentativi di seduzione del narratore («Tu disturbi? Vuoi scherzare?/È un grandissimo piacere. Puoi unirti a noi a mangiare»).

Ci sono poi: Siamo gatti di Samuele Bersani (1998, tema del film d’animazione Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, tratto dall’omonimo libro di Luis Sépulveda); Il gatto si morde la coda di Giorgio Gaber (1972); la straziante M’è morto i’ gatto (cantata, alla fine degli anni Ottanta, dai pratesi Edipo e il suo Complesso sulle note di With or Without You degli U2). E i miagolii dall’underground: Il gatto degli I Refuse It!, band hardcore di Firenze (da Mind the Gap, 1989); Gigius dei romani Senzabenza (dall’omonimo album del 1993); la deliziosa Gattini degli Altro (2013); Le cose da non fare al gatto di Musica per Bambini (da Dio contro diavolo, 2008); La compagnia dei gatti neri dei Tre Allegri Ragazzi Morti (da Rarities, 2010); Gatto gatto gatto dei Verme («Ma tu lascia ai gatti il cadere sempre in piedi/e il morire via da casa»). E infine, Senza di te dei Gazebo Penguins, il cui testo (composto da Jacopo dei FBYC) parla, a vostro piacimento, di una gatta o di una ragazza.

Musica e gatti sono tra gli argomenti più ricercati online (e su Youtube in particolare). Cercateli insieme, e troverete decine e decine di foto di rockstar del passato e del presente in compagnia dei loro amici felini: dai Beatles a Kurt Cobain, passando per David Bowie (autore, tra l’altro, di Cat People), Frank Zappa, Joey Ramone, Patti Smith, Morrissey e tanti altri. Ci sono poi gatti di musicisti e cantanti che sono diventati famosi su Internet quasi quanto i loro «genitori adottivi», grazie alle foto postate su Instagram: Tuts (il gatto di Justin Bieber, un buffo exotic shorthair), Flo (il gatto di Bon Iver), Socks (il gatto di Bethany Cosentino dei Best Coast, già cover star del loro album di debutto), Kitty Purry (il Maine Coon di Katy Perry).

Si dice che gli amanti dei gatti siano persone di ampie vedute, che apprezzano l’arte, fantasiose, emotive, a volte nevrotiche, avventurose, insolite, curiose, anticonvenzionali, al contrario delle persone che prediligono i cani, più tradizionali e convenzionali. Sarà per questo che tra i musicisti rock ci sono così tanti cat lover!

I Beatles, ad esempio. Ci sono parecchie foto di Paul McCartney e di George Harrison in atteggiamenti teneri con i loro (a)mici, ma era soprattutto John Lennon ad avere una vera e propria ossessione per i gatti. Quando era in tour con i Beatles telefonava a casa per chiedere alla zia Mimi se i gatti stavano bene, e quando viveva con la moglie Cynthia ne aveva almeno una decina.

Kurt Cobain dichiarò in un’intervista che gli piacevano molto i piccoli felini, e numerose foto attestano che ci andava d’amore e d’accordo. Ma girano anche dei pettegolezzi oscuri che riguardano apparenti abusi di Kurt nei confronti di un paio di gatti. Il primo, si dice, ucciso incidentalmente nel 1981, intrappolato nel camino di casa. Un decennio più tardi, il musicista tinse di rosso, bianco e blu il manto del proprio micio e lo guardò mentre faceva sesso con un coniglietto (una versione alternativa sostiene che la tinta era stata fatta con pennarelli lavabili, e che quindi il felino non aveva subito nessun danno. E che il coniglio, che era una coniglia, non aveva fatto sesso con il gatto, ma si era solo strusciato). Non provatelo a casa: anche se negli Stati Uniti ci sono dei pazzi che fanno le meches arcobaleno al proprio gatto o cane (e su Ebay si possono acquistare apposite tinte per il pelo di cani e gatti, dal rosa al blu al dorato), nel nostro paese è considerato maltrattamento.

Nell’ottobre del 2013 sono emerse altre oscure e sconvolgenti accuse nei confronti della famiglia Cobain. Mary Lou Lord (cantautrice indie ed ex fiamma di Kurt) ha accusato (in un post su Facebook) Courtney Love di essere responsabile della morte di due animali domestici. Il battibecco tra le due donne dura da parecchi anni. La stessa Love in passato aveva accusato Mary Lou di aver assassinato un gatto della famiglia Cobain in modo particolarmente truce, sgattaiolando (?!) nella loro (di Kurt e Courtney) veranda e uccidendo il povero micio conficcandogli una siringa nell’occhio e rompendogli il collo. Un delitto efferato degno dei migliori episodi di Dexter. La Lord afferma invece che la verità sta esattamente dall’altra parte: sarebbe stata la Love a comportarsi in maniera irresponsabile nei confronti dei propri animali domestici. Qualche anno fa, la stessa figlia di Courtney e Kurt, Frances (anche lei appassionata di gatti), aveva accusato la madre di aver provocato la morte di un suo gatto (strangolato in un armadio incasinato) e di un suo cane (morto per overdose dopo aver ingoiato per sbaglio delle pillole di Courtney). A proposito, in inglese un litigio tra due donne si dice, combianzione, «catfight».

E dopo i gatti-modelli, i gatti-muse e i gatti-amici- delle-rockstar, chiudiamo presentandovi una gatta musicista lei stessa: Nora, la gatta grigia del New Jersey diventata la felina più celebre di Youtube grazie alle sue esibizioni al pianoforte, descritte da un critico come «qualcosa a metà tra Philip Glass e il free jazz».