Che Isabel dos Santos sia la «donna più ricca d’Africa» non v’è dubbio alcuno. I dubbi semmai riguardano il modo in cui lo è diventata, a partire dalla sua posizione privilegiata di figlia dell’ex presidente dell’Angola José Eduardo dos Santos. Che in 38 anni di potere ha mantenuto salda la presa anche sull’economia del paese, una delle più rampanti del continente. E lo ha fatto in modo estremamente familista.

QUEI DUBBI ora trovano conferma sia giudiziaria che giornalistica. Da un lato la procura anti corruzione di Luanda, fortemente voluta dal successore di dos Santos, João Lourenço, eletto presidente nel 2017, nelle settimane scorse è riuscita a far congelare i beni di Isabel, reclamando la somma di 1 miliardo e rotti dollari sottratti alle casse dello stato; dall’altra la maxi-inchiesta giornalistica del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij), che ha coinvolto oltre 100 firme di 27 testate ed è giunta alla conclusione che la 46enne donna d’affari angolana, messa dal padre a capo della società petrolifera nazionale Sonangol, spadroneggiando per anni in settori che vanno dalla telefonia mobile al petrolio, dai gioielli alle catene di supermercati, dall’edilizia ai fondi sovrani, avrebbe accumulato un’ingente fortuna offshore fatta in gran parte di fondi pubblici dirottati illecitamente. Un patrimonio extra, rispetto a quello ufficiale di 2,2 miliardi di dollari certificato da Forbes.

I LUANDA LEAKS PROVANO ORA a districare la rete tessuta negli anni da Isabel insieme al marito, il collezionista d’arte e businessman Sindika Dokolo. Lei rigetta ogni accusa, parla di «caccia alle streghe» e di «attacco orchestrato per motivi politici». Con la logica conseguenza lasciata trapelare nei giorni scorsi, circa la possibilità concreta di una sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2022.