«Tutto regolare, tutto a norma di legge». Cosí recita la difesa d’ufficio dei dirigenti della Cdu, il partito democristiano uscito vincitore dalle recenti elezioni politiche tedesche. E hanno ragione: il lauto finanziamento di 690mila euro effettuato lo scorso 9 ottobre dalla famiglia Quandt alla formazione guidata dalla cancelliera Angela Merkel è perfettamente legale. I signori Quandt sono privati cittadini che hanno il diritto di dare soldi, se lo vogliono, al partito che desiderano: i beneficiari della loro generositá scrivono sui pubblici bilanci l’avvenuto incasso e tutto finisce lí. O cosí dovrebbe essere, secondo i democristiani tedeschi. Peccato per loro che in Germania ci sia qualcuno che ha gridato allo scandalo. I Quandt, infatti, non sono propriamente una famiglia qualunque: sono gli azionisti di maggioranza dell’impresa automobilistica Bmw, uno dei colossi dell’industria teutonica. Persone che – per quanto possano essere sinceri ammiratori delle capacità di leadership di Merkel, come hanno affermato – difficilmente agiscono senza pensare ai propri interessi: Max Weber li avrebbe definiti «borghesi con coscienza di classe». E di interessi in ballo per l’industria dell’auto, guarda caso, nei giorni scorsi ce n’erano molti. Il governo di Berlino – ancora quello uscente, in carica per gli affari correnti – era chiamato a decidere in sede europea in merito a norme sui gas di scarico dei veicoli : invece di renderle piú rigide, come avrebbe voluto la Commissione europea, le regole sono rimaste cosí come sono. Determinante è stata proprio l’opposizione del ministro tedesco dell’ambiente Peter Altmeier (Cdu).
Per i produttori di auto, la non-decisione europea significa una preoccupazione in meno. E per la salute dei cittadini del Vecchio continente e per il clima del pianeta – che i gas contribuiscono a surriscaldare – pazienza: sarà per la prossima volta. Ufficialmente, infatti, l’intervento è soltanto rinviato: ma non si sa a quando. Il caso ha suscitato un coro dure critiche. Per la vicesegretaria della Linke, Sahra Wagenknecht, «il governo Merkel non è in condizione di smentire il sospetto di corruzione» che ormai grava su di esso. Durissimi anche i Verdi, che fino a ieri non avevano escluso del tutto la possibilità di formare una coalizione con i democristiani, nel caso in cui le trattative fra la Cdu e i socialdemocratici della Spd fossero fallite. L’affaire-Bmw ha invece posto una pietra tombale su questa possiblità, ora ufficialmente negata dai vertici del partito ecologista. Con buona pace della corrente «aperturista» dei Gruenen, i cosiddetti realos, i «realisti» che hanno la propria roccaforte nella ricca regione meridionale del Baden-Wuerttemberg, guidata dal primo governatore ecologista della storia tedesca, Winfried Kretschmann. Parole di scarso gradimento si sono udite anche dalle file della Spd, ad esempio con un tweet del responsabile ambiente del partito, che denunciava come la Cdu incamerasse i 690mila euro «senza provare vergogna». I socialdemocratici, tuttavia, non possono inasprire troppo i toni: tra qualche settimana si troveranno, con molta probabilità, nello stesso esecutivo con i democristiani, sotto la guida della medesima cancelliera. Ed é certo che, dopo questo episodio, la dirigenza avrà una diffcoltá in più a convincere la base del partito a votare sí alla grosse Koalition nel referendum vincolante che si terrá fra gli iscritti della Spd.
Al di lá delle reazioni delle forze politiche, va registrato l’intervento dell’organizzazione non governativa Transparency International, impegnata contro la corruzione, che ha chiesto alle istituzioni tedesche di cambiare le leggi che regolamentano il finanziamento privato ai partiti, abbassando la soglia entro la quale le donazioni di grande entitá sono consentite. Donazioni che giungono quasi esclusivamente nelle casse della Cdu: secondo i dati uffciali forniti dall’amministrazione del Bundestag, il partito di Merkel ha goduto quest’anno di 1 milione 400mila euro di finanziamenti privati – considerando solo quelli superiori ai 50mila euro, quelli cioé che vanno obbligatoriamente notificati e diffusi sul sito del parlamento. Il confronto con lealtre forze politiche la dice lunga: i socialdemocratici non raggiungono i 300mila euro, mentre Verdi e Linke non hanno ottenuto nessun «regalo» superiore ai 50mila euro. Più ricca rispetto a queste ultime due organizzazioni é, da sola, la bavarese Csu (la forza «gemella» della Cdu nel Land di Monaco), con quasi 150mila euro. Questa vicenda tedesca offre materia per rflettere a tutti coloro che pensano che l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti sia la panacea d’ogni male della politica. Ció che accade in questi giorni in Germania, peraltro, non é che l’ultima di una infinita serie di esempi di «corruzione legalizzata» che si possono riscontrare nelle democrazie parlamentari di ogni latitudine: nulla di cui stupirsi, purtroppo.