Annunciando il ritiro della sua candidatura, l’autoproclamata presidente Jeanine Áñez non è riuscita a ingannare nessuno. Se ha deciso di non presentarsi alle elezioni del 18 ottobre prossimo, non è certo per non frammentare il voto di destra a vantaggio del Mas, il Movimiento al Socialismo di Evo Morales, ma solo per evitare una sicura disfatta.

Che non avesse più alcuna chance di arrivare al ballottaggio, i sondaggi lo avevano indicato senza alcun margine di dubbio, attribuendole una percentuale del 10,6% dei voti validi: lontanissima, dunque, sia da Carlos Mesa della Comunidad Ciudadana, che figura al secondo posto con il 26,2%, sia, soprattutto, dal candidato del Mas Luis Arce, che, con il 40,3%, vincerebbe addirittura al primo turno se le elezioni si svolgessero oggi.

«Non è un sacrificio, è un onore, perché lo faccio di fronte al rischio che il voto democratico si divida tra vari candidati e che, di conseguenza, il Mas finisca per vincere», ha dichiarato in un video la presidente de facto. La stessa motivazione offerta, paradossalmente, quando, dopo aver ostentato il più assoluto disinteresse per il potere, si era gettata nella mischia, presumendo a torto che la sua candidatura, anziché portare a una dispersione ancora maggiore tra le forze di destra, avrebbe indotto gli altri candidati ad appoggiarla.

La cattiva gestione della pandemia da un lato, gli scandali di corruzione dall’altro e i ripetuti rinvii delle elezioni dall’altro ancora, senza contare il crescente autoritarismo e la repressione di ogni forma di opposizione, avrebbero poi determinato un’inarrestabile caduta di consensi.
Ringrazia ovviamente Carlos Mesa (giunto secondo alle elezioni, poi annullate, dello scorso anno), che, sperando di convogliare su di sé i voti di Áñez, definisce la sua decisione come «un contributo alla democrazia».

Quanto al Mas, malgrado la contestata scelta delle candidature da parte di Morales – vissuta da una parte della base sociale del partito come un’imposizione dall’alto a scapito del principio del «comandare obbedendo» -, l’alleanza di movimenti popolari nota come Patto di unità appare compattamente schierata intorno all’ex ministro dell’Economia Luis Arce (al posto del quale, in realtà, avrebbe preferito vedere il suo vice, l’ex ministro degli Esteri David Choquehuanca).
Né sembra pesare in alcun modo la definitiva esclusione di Morales dalle elezioni generali di ottobre, alle quali l’ex presidente si era candidato come senatore per il dipartimento di Cochabamba, decisa il 7 settembre da un tribunale di La Paz a causa del mancato adempimento del «requisito di residenza permanente».