Il Segretario di Stato John Kerry ha dato il via libera definitivo al golpe militare parlando della destituzione di Morsi come effetto della «volontà del popolo». In realtà, con la caduta vertiginosa dei flussi turistici, il fallimento delle rivolte del 2011 e gli attacchi contro il film blasfemo sulla vita di Maometto del settembre 2012, un sentimento di anti-americanismo si è diffuso in certi ambienti radicali e nazionalisti. Per questo, nel racconto del colpo di stato del 3 luglio scorso, la morte di Andrew Potcher ha acquisito una particolare forza simbolica. Andrew è stato ucciso ad Alessandria d’Egitto nella notte del 28 giugno scorso, quando gli islamisti avevano indetto una manifestazione precedente al previsto bagno di folla del 30 giugno contro l’ex presidente Morsi. 21enne del Maryland, Potcher era uno straniero, un americano e un fotografo. Per questo la sua morte incarna tutti gli stereotipi di un crescente anti-americanismo.
In una lettera a un suo giovane studente, l’insegnante americano espone una sorta di manifesto dell’orientalismo: spiega il suo amore per l’Egitto e incita il suo interlocutore a «non perdere mai la curiosità per le cose belle della vita». Sono le parole di un ragazzo, che studiava l’arabo e vedeva soprattutto la bellezza di un mondo distante dal suo.
Secondo fonti ufficiali Andrew è stato ucciso con una coltellata al petto mentre scattava delle foto in manifestazioni. Abbiamo incontrato ad Alessandria d’Egitto l’unico testimone oculare dell’omicidio, che ha denunciato quanto ha visto alle associazioni per la difesa dei diritti umani della città costiera. A.K. vuole mantenere l’anonimato. «Alcuni manifestanti stavano incendiando la sede di Libertà e giustizia (partito dei Fratelli musulmani, ndr) quando sono state fermate delle persone che avevano con sé delle macchine fotografiche – inizia a raccontarci il testimone – Quando ho visto lo straniero gli ho detto di andare via perché era troppo pericoloso. Un uomo che ha visto la sua macchina fotografica lo ha preso per il collo con il braccio e lo ha portato via con sé. Diceva di volerlo consegnare alla polizia, molti altri lo spingevano e circondavano». Il giovane continua a raccontare con foga la sua versione dei fatti. «Quando ho rivisto lo straniero sanguinava dalla testa e dal petto, ma non aveva altri segni di colluttazione. Mi sembrava che fosse stato colpito professionalmente». A questo punto il testimone sembra commuoversi e ricorda che Andrew implorava i suoi aguzzini di fermarsi ripetendo: «Mi dispiace» in arabo. A.K. on ha dubbi: si tratta delle stesse tecniche usate in piazza Tahrir «per intimorire le donne che prendono parte alle manifestazioni: la responsabilità è dei Fratelli musulmani». Ma su questa versione non tutti concordano: «Non ci sono prove che vanno verso una sola direzione, in contesti caotici anche piccoli criminali o invasati che hanno subito il lavaggio del cervello possono agire così aggressivamente», ci spiega l’avvocato Susan Nada che sta seguendo il caso.
Ma il montante anti-americanismo è dimostrato, da una parte, dalle campagne di raccolta firme contro gli aiuti militari degli Stati Uniti all’Egitto dei giovani di Tamarrod e, dall’altra, dagli inviti a marciare verso l’ambasciata americana al Cairo da parte dei leader della Fratellanza. Le parole di Barack Obama che nel 2009 hanno ispirato i liberali egiziani sembrano sempre più sbiadite dai controversi interessi di Washington in Medio oriente. E così Andrew Potcher è forse una delle vittime dell’antiamericanismo e della sua passione per il Medio oriente. Insegnava inglese ai bambini egiziani tra i 7 e gli 8 anni, al centro linguistico e ong Amideast del quartiere borghese di Paul Klee ad Alessandria d’Egitto. Siamo entrati nella scuola dove lavorava il giovane. Alle pareti dell’istituto sono ancora visibili le liste delle classi estive: uno di questi fogli porta il nome di Andrew e prevede 18 studenti. Nessuno qui ha voglia di parlare della scomparsa del giovane che sembra ancora lasciare tutti ammutoliti, sebbene gli studenti abbiano ripreso normalmente le lezioni. Soltanto la collega di Andrew, Kathleen O’Neil lo descrive come «entusiasta, curioso e avventuroso».
È raro ma facile appassionarsi alla bellezza dell’Egitto. È il caso di Andrew Potcher che forse non ha avuto abbastanza tempo per capire quanto l’Oriente abbia gli stessi vizi e le stesse virtù del Maryland.