Misurarsi con un testo che è al fondamento della nostra civiltà è impresa quanto meno da far tremare le vene e i polsi. Soprattutto se il testo in questione è l’Odissea. Basti pensare che il viaggio di Ulisse è stato affrontato da autori del livello di Dante o di Joyce, ma è anche servito da base per tante opere di genere, dagli spaghetti-western a opere di fantascienza. Ciò perché il modello omerico rappresenta una chiave per poter affrontare tematiche e argomenti che stimolano la riflessione e la fantasia degli autori.

È quanto è accaduto a Gianluca Di Dio che nel suo ultimo romanzo, La Sublime costruzione (Voland, pp. 211, euro 16) rende assolutamente evidenti i legami con il testo omerico. Basta prendere in mano il libro e guardare la copertina dove è rappresentato il volto di un ciclope. Oppure sfogliare il romanzo e ci si accorgerà che i capitoli dal quinto al nono portano in exergo proprio citazioni dall’Odissea. La storia, raccontata in prima persona dal protagonista, è lineare. «C’era stata una guerra, appunto, e come sempre nessuno era riuscito a vincerla».

LA CITTÀ DOVE SI TROVAVA il novello Ulisse, Andrej Nikto, era stata inghiottita dall’acqua di una diga. Più profugo che reduce, Andrej entra in possesso di un volantino in cui si annuncia la partenza di una corriera diretta al Nord, verso un cantiere perenne che garantisce lavoro e benessere a chiunque. Il fine è realizzare la Sublime Costruzione, appunto, una torre gigantesca che arrivi al cielo. Il protagonista, insieme all’amico Årvo, decide di partire. I due salgono sul grande pullman bianco dove saranno accolti da strani reclutatori, sosterranno un colloquio e inizieranno il viaggio dentro il ventre di questa sorta di balena bianca o iceberg a motore, strutturato come un immenso dormitorio, dove faranno la conoscenza di una serie di inconsueti personaggi, che saranno i loro compagni di avventure.

Il tragitto si svolge in un paesaggio per gran parte innevato, freddo e desolato. L’atmosfera è da subito onirica, a tratti ipnotica. Le cinque stazioni che si susseguiranno, introdotte come detto dai versi omerici, corrispondono a versioni riviste degli episodi delle sirene, dei lotofagi, dei ciclopi, di Circe e del viaggio nel regno dei morti. La narrazione ha toni fortemente surreali e nelle vicende che si inanellano è agevole ritrovare una visione critica, a tratti sarcastica di miti, valori, forme di vita della contemporaneità. Il linguaggio usato è estremamente letterario ma senza alcuna pretenziosità.

ANZI, LA LETTURA è scorrevole oltre che molto piacevole. A prima vista La Sublime costruzione si potrebbe definire un romanzo post-apocalittico e sicuramente vari elementi che lo costituiscono vanno in tale direzione. Forse, però, l’aspetto che più colpisce è per così dire la profonda «letterarietà» del libro, il suo esprimere l’elemento letterario della realtà e della narrazione. Ancora una volta, come per le citazioni omeriche, sono le frasi in exergo che aprono il testo a suggerire tale sensazione.

Si va infatti da «Ogni persona è un libro che contiene altri libri» della dedica iniziale alla citazione da Mircea Cartarescu che recita: «La realtà non è che un caso specifico dell’irreale e noi tutti siamo, per quanto ci paia di sentirci concreti, solo la finzione di un altro mondo, che ci crea e ci contiene…». Così come sembrano muoversi in tal senso anche gli unici versi esplicitamente citati all’interno del racconto, tratti da La notte che nel sud lo vegliarono di Borges, definita dal suo stesso autore «forse la prima poesia autentica che scrissi». E l’argentino che in tale poesia esprime tra l’altro l’idea che con ogni morte si perdono per sempre delle sapienze, è sicuramente lo scrittore che più incarna lo stretto rapporto che lega la vita, la realtà e i libri. Inoltre se Borges ha scritto La biblioteca di Babele, la sublime costruzione non sembra riferirsi proprio alla torre di Babele?

IN OGNI CASO, così sembrano anche acquistare maggior senso le parole di avvertimento che il protagonista, Andrej, pronuncia a conclusione del suo prologo: «A chi vorrà leggerla dico questo: non credete a questa storia, è simbolica, farneticante, totalmente esagerata. (…) Cercate al suo interno, invece, le tracce di una storia comune, che non distingue tra passato e futuro, una storia che ogni volta si distrugge per poi riaccadere di nuovo. Una costruzione infinita, a cui tutti partecipano, eternamente, senza scampo. Una storia folle, un sogno sublime».