Abbiamo incontrato Andrea Guerra – presidente del festival «I luoghi dell’anima», famoso autore di colonne sonore e figlio del poeta, scrittore e sceneggiatore di buona parte del cinema italiano e di capolavori internazionali, per saperne di più di questa iniziativa alla sua prima edizione.

Ci racconti la genesi del festival?
Questa è la prima edizione del festival che è, per certi aspetti, un risultato del lavoro pregresso svolto dall’Associazione Tonino Guerra. Fin dagli anni Ottanta, mio padre fu precursore di un pensiero che oggi si potrebbe chiamare slow, tanto da ispirare – per esempio – gente come Carlin Petrini quando cambiò il nome di Arcigola con Slow Food. Oppure, si può ricordare il lavoro di storytelling compiuto da Tonino sui territori, per raccontare meglio i luoghi e toglierli dall’orbita di quello che lui chiamava il «divertimentificio». Da esperienze di questo tipo nasce una mia domanda: come si possono ricondurre quel pensiero e quell’attenzione al cinema? E allora ho pensato a questo festival come possibile contributo, anche per ricordare e omaggiare quei cineasti un po’ eroi che cronisti dell’immagine di un territorio, interessanti tanto nel bene quanto nel male.

Come si differenzia questo festival rispetto ad altri? Ci sono festival intorno che si avvicinano un po’ alle idee sul territorio di tuo padre?
Per me l’iniziativa è nata sotto forma di impulso verso interhanno l’ispirazione di essere essi primari, ovviamente sulla scorta delle esperienze di Tonino e del suo legame con quei cineasti come Tarkovskij e Anghelopoulos, nei cui cinema si vede il paesaggio avere una funzione centrale incredibilmente affascinante. Ma ad ogni modo, mentre i grandi festival parlano di cinema parlando degli artisti a tutto tondo, il nostro evento è il primo festival che mette al centro il territorio. L’importanza è principalmente sui temi: la memoria e le tradizioni; il rispetto per le risorse naturali e molto altro. Dubito che in iniziative, diciamo, mainstream, ci sia qualcosa di simile, cioè qualcosa che riesca anche a coniugare la ricerca del turismo culturale. Certo, somiglianze con iniziative più piccole simili ci possono essere, ma rimarrebbero sporadiche e frammentarie. Ricondurre ad una sintesi credo sia una formula nuova.

Come sono le tue previsioni relative al festival, come immagini il programma degli anni a venire?
Io sono un attivista dei temi ambientali che trattiamo. In generale, tutti noi dell’associazione siamo gente tenace, innamorata di questi argomenti, e sentiamo proprio forte la motivazione di andare avanti, nonostante i problemi sotto gli occhi di tutti.
A proposito quindi della transizione online degli eventi e quindi dell’uso delle piattaforme, posso dire che a me non dispiacerebbe continuare ad utilizzare internet nel futuro, anche se – mi sento in obbligo di precisare – in modo complementare, integrando le disponibilità di fruizione in rete con gli incontri dal vivo. Noi quindi ripeteremo questo festival a Sant’Arcangelo di Romagna, in presenza. Rifaremo vedere il meglio di questa edizione nella prima settimana di luglio, in una tre giorni. Poi stiamo già immaginando un appuntamento a Venezia: ci piacerebbe fare una conferenza stampa per parlare del festival dell’anno prossimo. Stiamo già pensando alla seconda edizione (tra l’altro, quest’anno sarebbe – per noi – il festival del 2020, in ritardo).
Insomma, stiamo assolutamente pensando ad una grande continuazione. Troveremo delle sfumature per allargare i termini del racconto sui luoghi dell’anima. Intanto, per ora, ci siamo «inventati» due giurie, quella per il cinema-cinema e quella per il documentario, dove potremmo andare più in profondità, dal momento che la finzione non può entrare troppo nell’antropologia.

Continuando il discorso su festival e territori, volevo chiederti se hai mai ragionato in senso lato sulla funzione dei festival per migliorare il nostro rapporto col territorio.
La domanda è complessa ed è quindi difficile rispondere. Al di là delle esperienze del singolo, quello che è fondamentale – credo – è la possibilità di ampliare il quadro dei ragionamenti da offrire agli spettatori. Avere una visione per poter convincere che ci siano appunto una o più utilità in ballo. Che il cinema possa dare un beneficio diretto, questo non lo so. Che però possa invitare ad una presa di coscienza, e quindi un beneficio indiretto, beh questo direi che si, è chiaramente possibile e auspicabile.
Come dice Petrini, siamo alle prese con tre catastrofi naturali. Una è quella di adesso, del virus. Poi ci sarà la conseguente catastrofe economica, e penso che ormai ci siamo, visto come l’economia comanda la politica. E poi dovrà arrivare la catastrofe climatica, che tra l’altro è già qui. Quindi ecco, penso che da parte nostra ci siano le risorse per poter presentare un discorso. Poi è chiaro che le persone dovranno fare la loro parte ed esserci.

Per finire, vorrei ritornare a quanto dicevi all’inizio, e quindi sulla figura di Tonino Guerra. Ci dici ancora qualcosa del suo ultimo periodo?
A partire dagli anni Ottanta, torna a Rimini in un contesto in cui trova tutto di una grandissima volgarità. E quindi comincia una specie di anti-percorso, trasferendosi da Sant’Arcangelo a Pennabilli. E lì ritrova più ispirazione per il suo lavoro e la sua curiosità multidisciplinare. Era poeta, come noto, ma è stato anche un pittore. Tutti giorni scriveva poesie o dipingeva acquerelli. Ha espresso una grande vitalità in quel periodo, qualcosa che mi ha fatto capire il senso delle sue scelte. Insomma, ci ha lasciato una eredità incredibile. Certo, in quegli anni lui era uscito dal cinema, ma il cinema era già uscito da sé stesso, da quello che Tonino frequentava e aveva contribuito a forgiare. Cioè, era un cinema già lontano da quelle forme del racconto che gli hanno dato il valore che sappiamo. Ma lui è andato avanti, ha continuato a lavorare: dipingendo migliaia di opere e scrivendo libretti di liriche, prima editi con l’editore Maggioli e ora raccolti nell’opera per Bompiani. E ha concepito interventi urbani come, per esempio, il museo «I Luoghi dell’Anima», proprio a Pennabilli.