Il verismo è stato un bacino d’arte per l’opera lirica italiana senza precedenti. Con questa tinta fosca e cupa, veritiera e falsa, il popolo italiano ha campato in un sogno rovinoso che è stato poi preludio di quel “viva l’Italia” che tanto piaceva ai mussoliniani. In questa accezione sociologica il verismo non fece molto bene alle fantasie degli italiani che uscivano da una cultura francesizzante e si ritrovavano una sorta di unione fra la banda e il respiro melodrammatico verdiano.

Sarà solo Giacomo Puccini a rendere il termine “verista” una forza della natura che sarà realismo psicologico con tanto però di romanticismo disperato. Intorno alla sua enorme opera di rinnovamento mossero le proprie arti creative una serie di compositori che non furono proprio baciati dal sacro fuoco della forza dirompente pucciniana. Fra questi troviamo il foggiano Umberto Giordano, di scuola napoletana, che sale su quello che è il carrozzone tirato da Pietro Mascagni e crea una serie di opere che non passeranno tutte alla storia se non per la Fedora e l’Andrea Chenier appunto.

Di questa opera epica che fa il verso alla Tosca pucciniana ma non ha quella spinta emotiva tale da caricare i 4 quadri di cui si compone, abbiamo assistito al nuovo allestimento del Teatro Verdi di Salerno. La forza motrice di tutta questa nuova versione è Daniel Oren, mitico direttore uno dei pochi rimasti che ancora sa dirigere il repertorio tardo romantico italiano e soprattutto quello pucciniano. Pertanto dirigere Andrea Chenier è stato semplice poiché l’opera non richiede le implicazioni degli allestimenti pucciniani.

E’ vero anche che Oren, di grande esperienza e di forte passione, non rinuncia ad accreditare ad un proprio allestimento quella caratteristica che è alla base dei suoi successi, ovvero la passionalità che è unita alla professionalità. A sua disposizione un buon cast che si basava soprattutto sulla bellezza tecnica ed espressiva di Svetla Vassileva (Maddalena). Gustavo Porta, un po’ avanti negli anni per essere un perfetto Chenier, ha retto con una certa costanza l’impatto della scrittura non semplice di Giordano.

Molto bravo è stato Sergey Murzaev nei panni di Carlo Gérard. Buona la resa degli altri cantanti come l’orchestra  Filarmonica Salernitana e il coro coro del Teatro dell’Opera di Salerno diretto da Tiziana Carlini. Chiara e razionale la regia di Riccardo Canessa che si è avvalso dei costumi di Alfredo Troisi