Parlare di Pancia d’asino (Ponte alle Grazie, pp. 160, euro 15), romanzo d’esordio di Andrea Abreu che in Spagna ha riscosso un successo considerevole quanto imprevisto, significa innanzitutto rispondere a una domanda: fino a che punto si può rendere in un’altra lingua un libro in apparenza intraducibile? Perché a distinguere Panza de burro (questo il titolo originale con cui è apparso presso Barret, piccolo editore sivigliano) è in primo luogo l’uso del linguaggio, impregnato di neologismi, vocaboli scritti come si pronunciano, onomatopee, volontari errori di grammatica e sintassi, anglicismi, saltuaria rinuncia alla punteggiatura e soprattutto localismi. Una versione libera e personale, insomma, della «parlata» di un paesetto delle isole Canarie, che rimanda all’infanzia dell’autrice (nata nel 1995 in un borgo arrampicato sulle pendici del vulcano di Tenerife) e che ha affascinato i lettori spagnoli.

UN TESTO DEL GENERE, basato su una voce aliena alle convenzioni e alle norme della lingua, rappresenta per qualsiasi traduttore una sfida che Ilide Carmignani ha saputo raccogliere, restituendoci attraverso un lavoro minuzioso e creativo buona parte del sapore di una prosa che non si limita a raccontare, ma individua un’epoca (l’inizio degli anni duemila) e un contesto sociale, culturale e geografico. Poco importa che questa scrittura «orale» non sia cosa nuova, ma si ispiri per ammissione della stessa autrice a romanziere latinoamericane come Rita Indiana, Pilar Quintana o Aurora Venturini , o al canario Víctor Ramírez, perché Abreu ha saputo trovare un tono proprio e immediatamente riconoscibile, al tempo stesso sboccato e immaginoso, crudo e lirico, pieno di umorismo e di malinconia.

DIARIO dell’estate condivisa da due ragazzine che affrontano il tumultuoso passaggio dall’infanzia all’adolescenza, Pancia d’asino narra in prima persona il rapporto intenso e diseguale tra Isora, audace e impudica, avida di esperienze e di cibo (ma che si procura il vomito dopo ogni abbuffata), e la timida e incerta narratrice senza nome, che l’amica chiama «shit» come per sottolineare la comune attenzione alle secrezioni e agli umori più segreti di una fisicità «sporca» e disinibita. Isora comanda, shit obbedisce ciecamente: quello che la lega all’amica, infatti, è in realtà un primo amore fatto di ammirazione, gelosia, sperimentazioni sessuali, masturbazioni condivise, invidia e venerazione per il corpo dell’altra, descritto e adorato in ogni dettaglio, dal seno nascente alle unghie orlate di sporco alla «patata» su cui già cresce un vello che Isora rade con ostinazione.

LA SCOPERTA DEL SESSO (simboleggiata in qualche modo dalle fantasie di shit sull’eruzione del vulcano e sul fiume di lava che potrebbe travolgere ogni cosa) è il filo conduttore del romanzo, e, se è vero che la letteratura contemporanea è piena di appassionate amicizie femminili e adolescenziali (dall’inquietante e raffinato Lo dice Harriet di Beryl Bainbridge al recente Mandibula di Monica Ojeda), va detto che Pancia d’Asino possiede una sua indubbia originalità grazie ai personaggi sapientemente modellati dall’autrice e a un suggestivo quadro d’ambiente, che emerge dall’andare e venire tra case giocattolo dai colori accesi, campi e dirupi, lontano dalle spiagge riservate ai turisti, sotto il tetto di nuvole sospinto contro il vulcano dagli alisei e simile alla pancia argentea di un asino. Un paesaggio che fa da sfondo a vagabondaggi, a piccole avventure, all’assenza dei genitori che lavorano giù in basso, alla presenza implacabile delle vecchie rimaste in paese, che tramandano usanze e leggende, tolgono il malocchio e rivelano nei lineamenti l’eredità dei Guanches, antichi abitatori delle isole.

L’universo rurale e quasi arcaico che si sovrappone all’immagine di una Tenerife da cartolina non è, tuttavia, isolato come sembra. Ne siano consapevoli o no, le ragazzine sono parte di un mondo più vasto con cui condividono le barbie, i pokemon, certi consumi, serie tv, canzoni, l’internet offerto dal Centro culturale. E questi assaggi ed echi di un mondo globale, questi brandelli di modernità, contribuiscono a dare al romanzo una dimensione di straniante autenticità e un’indubbia coloritura politica, visti e agiti come sono a partire dalla marginalità e dall’esclusione in cui vivono Isora e shit.

*

Domani alle 16:30 l’autrice presenterà il suo romanzo nella Sala internazionale del Lingotto, in dialogo con Ilide Carmignani e Ilaria Gaspari.