Tutto nasce da un incontro tra le associazioni ambientaliste e il governo in persona del sottosegretario Delrio l’11 dicembre 2014. È la fine del famoso semestre italiano e gli ambientalisti chiedono un bilancio.

Ne scaturisce un paio di mesi più tardi un documento governativo, l’«Agenda Articolata» del 9 febbraio 2015 di cui è responsabile lo stesso Delrio, allora factotum del presidente del consiglio Matteo Renzi. Quest’ultimo, nei primi giorni del nuovo anno non ha perduto l’occasione e ha promesso molto: «Ci siamo dati una cadenza ordinata per le nuove iniziative di legge. A gennaio abbiamo provvedimenti su economia e finanza. A febbraio tocca alla scuola. A marzo il Green Act – sull’economia e l’ambiente in vista della grande conferenza di Parigi 2015. Aprile sarà il mese di cultura e Rai. A maggio tutti i riflettori sul cibo, agricoltura, turismo, made in Italy: arriva l’Expo. A giugno i provvedimenti sulle liberalizzazioni e prima dell’estate il punto sullo sport anche in vista della candidatura per le Olimpiadi del 2024» (il corsivo è aggiunto). Renzi, secondo il suo solito, anticipa le risposte, compresa quella agli ambientalisti. Rivela e promette il programmone di governo scrivendo, in veste di segretario del Pd, ai democratici, suoi compagni di partito.

L’Agenda del 9 febbraio è il principale documento ambientale del governo italiano in attesa di qualche altro atto o impegno o telegramma che lo integri o lo sostituisca. Sono 16 punti, alcuni tradizionali o prevedibili, altri curiosi o inattesi; alcuni ricchi di buone intenzioni e di studio, altri risolti in un titolo o poco più. Sono: Energia e clima, Trasporti e infrastrutture, Consumo del suolo, Difesa del suolo, Bonifiche, Biodiversità e aree protette, Mare, Montagna, Beni culturali e paesaggistici, Agricoltura, Turismo e ambiente, Ministero dell’ambiente, Delitti ambientali, Andare oltre il Pil, Informazione ed educazione ambientale, Fondi europei di coesione.

I 16 punti che sorprendentemente coincidono nel numero con le 16 associazioni ambientali che il governo invita e che scrivono al governo sono dunque a volta brevi promemoria, oppure indicazioni generiche di ciò che si dovrebbe o potrebbe fare, senza impegni effettivi, indicazioni di spesa e di tempo. Il nostro modello di coinvolgimento degli interessati – si assicura – è molto migliore del sistema francese che – par di capire – è accusato di statalismo. Colpiscono alcuni punti, ma ci limiteremo a toccarne due. Il fondamentale primo punto, Energia e clima presenta una palese contraddizione. «In questo ambito vanno lette le norme su gasdotti e trivellazioni»

«Una progressiva uscita dai combustibili fossili è stata assunta dall’Italia a livello nazionale ed Europeo e non è mai stata messa in discussione». Però, aggiunge nella stessa frase che «dotarsi di infrastrutture energetiche essenziali come la Tap o l’utilizzazione delle risorse energetiche esistenti sul nostro territorio sono misure di buon senso in un Paese che ha la più restrittiva normativa europea sulle trivellazioni in mare e (seconda contraddizione) norme rigidissime di tutela ambientale (Tap è il gasdotto trans adriatico)»

L’altro punto è il quattordicesimo: Andare oltre il Pil. Finalmente, abbiamo pensato, anche Delrio, Renzi e gli altri e le altre del governo hanno accertato che il Pil così com’è non va bene. Sono in ritardo nei confronti del governo francese, perfino di quello americano; un bel numero di premi Nobel lo ripetono da anni, ma va bene lo stesso.

Anche per noi, infine, il conto della natura deve essere calcolato e questo significa rifare tutti i bilanci e le spese, ricalcolare il debito e così via. Ma non è così. L’Agenda parla d’altro. Si ripete ancora una volta un modesto, decoroso discorso sull’industria verde che può assorbire moltissimi disoccupati. E basta.