Le elezioni anticipate che si celebrano oggi in Andalusia, la regione più popolata della Spagna, sono molto più che il banco di prova per governo e opposizione. Dai risultati che usciranno dalle urne oggi in questa regione grande come Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia insieme, e dove vive uno spagnolo su cinque, si capirà quale sarà il futuro politico del paese che fino a non molto tempo fa vantava istituzioni libere dall’estrema destra.

La campagna elettorale è stata piatta: la scelta di convocare le elezioni anticipate è stata volutamente fatta per votare in estate (che colpisce duro in questa regione destinata con il cambiamento climatico a diventare desertica) e in un weekend semifestivo. Il candidato che parte in netto vantaggio è l’attuale presidente, Juanma Moreno, dell’ala più morbida del Partito popolare. Moreno è stato il primo non socialista a guidare la regione dal ritorno alla democrazia. Finora ha governato in coalizione con Ciudadanos, un partito che ormai praticamente non esiste più e che in Andalusia rappresentava il centro politico, con l’appoggio esterno dell’estrema destra di Vox. I socialisti, che comunque furono il partito più votato nel 2019, stavolta portano uno scialbo Juan Espada, scelto mesi fa in sostituzione dell’un tempo potentissima Susana Díaz, che aveva guidato l’opposizione interna a Pedro Sánchez.

La sinistra, ancora una volta, va alle urne in ordine sparso, dopo essere stata protagonista durante la legislatura di scissioni. Teresa Rodríguez, che con il suo Adelante Andalucía aveva ottenuto il 17% dei voti 3 anni fa, è uscita da Podemos rumorosamente ormai da due anni. Non c’è stato accordo con Inma Nieto, che ha riunito non senza difficoltà sotto la sigla di Por Andalucía sia Izquierda Unida, sia Podemos, sia il movimento di Íñigo Errejón (l’ex numero due di Pablo Iglesias che ora è a capo di Más País). Non in molti credono che la somma dei due partiti riuscirà a raggiungere i 17 seggi ottenuti da Rodríguez.

Ma gli occhi sono tutti puntati su Vox che probabilmente sarà l’alleato principale di Moreno, a meno che il Pp non riesca nel suo obiettivo di ottenere la maggioranza assoluta (un risultato che sarebbe storico). Non a caso Giorgia Meloni ha scelto proprio la campagna elettorale andalusa per dare il proprio appoggio alla candidata Macarena Olona, numero due del partito verde muco. Che non è né andalusa, né vive in Andalusia, e se è per questo non ha neppure un programma: le basta gridare i soliti slogan fascisti contro il femminismo, le politiche lgbt, le famiglie non tradizionali, l’immigrazione, o l’islam per ottenere l’appoggio incondizionato dei suoi.

Nella comunità dove la disoccupazione è sempre stata più alta di quella nazionale (oggi vola al 19% contro il 13% in Spagna), il lavoro è da sempre la principale preoccupazione: è paradossale che sia proprio Vox ad avvantaggiarsene. Il partito che ha votato contro tutte le leggi più sociali del governo di Pedro Sánchez: per impedire il licenziamento durante la pandemia, contro la legge che limita la precarietà (che in Andalusia è particolarmente alta, dato che l’economia locale è basata soprattutto su agricoltura e turismo), contro la legge sulla catena alimentare (che difende i piccoli agricoltori vietando le vendite in perdita), contro la legge per difendere i rider, per difendere il potere d’acquisto delle pensioni e addirittura contro l’aumento del salario minimo interprofessionale.

L’Andalusia continua a essere una delle comunità dove meno si spende per sanità, istruzione e politiche sociali (gli ultimi dati disponibili sono quelli del 2020) e dove l’inflazione è sistematicamente più alta della già elevata inflazione nazionale. In questo non è cambiata molto durante il governo popolare. Ma è anche la comunità dove la metà dell’energia prodotta è di origine rinnovabile e l’obiettivo del governo andaluso è moltiplicare per 7 l’area del territorio destinata alla produzione di energia solare fotovoltaica.

Della probabile vittoria di Moreno cercherà di avvantaggiarsi il nuovo segretario del Pp nazionale, Alberto Núñez Feijóo, alla ricerca di qualche risultato positivo da appuntarsi alla giacchetta. Ma se la gioca anche la ministra del lavoro Yolanda Díaz, che aspira a guidare una lista che risollevi le sorti della sinistra spagnola erede di Podemos. A Siviglia francamente non promette bene.