«Solo nei Paesi antidemocratici non ci sono scioperi. Non credo che dovremmo considerare gli scioperi un problema», aveva dichiarato il presidente sudafricano Zuma a fine maggio in una conferenza stampa convocata due giorni dopo la diffusione dei dati per niente positivi sulla crescita economica del paese, quasi a voler esorcizzare le paure di nuovi violenti scontri nel settore minerario. Tentativo di rassicurazione che ha lasciato però del tutto indifferente i mercati e quindi il Rand, la valuta sudafricana, in piena caduta libera nei confronti del dollaro.

Quella che viene considerata la più grande economia dell’Africa vede di giorno in giorno vacillare de facto la sua posizione, sempre più in balia dell’incapacità dell’elite politica ed economica di far fronte ai problemi strutturali che aspettano almeno dal 1994 di essere risolti.

Ieri, un rappresentante sindacale è stato ucciso e un altro ferito gravemente. È accaduto negli uffici del sindacato storico sudafricano, il National Union of Mineworkers (Num), a Wonderkop, presso la miniera della Lonmin vicino a Marikana, città a 120 chilometri da Johannesburg tristemente nota per il massacro per mano della polizia lo scorso anno di circa 34 minatori in sciopero in uno dei più violenti incidenti dalla fine dell’apartheid. Anche allora, come quest’anno, si era in piena «stagione degli scioperi», periodo di contrattazione collettiva e sindacale, e Marikana fu solo uno dei tanti focolai di proteste nella regione di Rustenburg ormai nota più come epicentro di violenze e di sanguinose proteste operaie che come la cintura di platino sede delle miniere di due colossi mondiali quali l’Anglo American Platinum e la Lonmin.

Non è stata ancora resa nota l’identità dei due sindacalisti vittime della sparatoria di alcuni individui armati. L’episodio avviene però un mese dopo l’uccisione di un altro sindacalista, rappresentante del sindacato rivale del Num, l’Association of Mineworkers and Construction Union (Amcu). E sembra confermare le testimonianze di minatori e guardie di sicurezza della Lonmin secondo cui, contrariamente alle dichiarazioni dei vertici industriali, Rustenburg si sia ormai trasformata in un campo di battaglia tra sindacati rivali, dove le armi vengono contrabbandate magari anche col beneplacito dei rispettivi vertici sindacali all’interno delle stesse miniere.

Lo sostiene il settimanale locale Mail&Guardian, che riporta le testimonianze di alcuni dipendenti aziendali. Il settore minerario, che rappresenta circa il 6% dell’intero output economico e il 60% dei proventi delle esportazioni, soffre forti tensioni tra il piano di risanamento dell’Amplants che prevede il taglio di circa 6000 posti di lavoro, il licenziamento, ieri, di 1000 minatori della Glencore Xstrata, le richieste di aumenti salariali fino al 60% e le lotte intestine sindacali. Un vaso di pandora che le ormai prossime contrattazioni potrebbero violentemente scoperchiare facendo da detonatore a una situazione di instabilità economica e sociale ormai capillare.