Non sono tanto i 500 milioni di ulteriore ricapitalizzazione entro il 2014 – due miliardi erano messi in conto da mesi – a scuotere il Monte dei Paschi, quanto l’annuncio di nuovi tagli dell’occupazione. A riprova, mentre il titolo in borsa scende solo del 2,8%, arriva subito una nota di Fabi, Fiba Cisl, Ugl e Uilca: “Non saranno tollerate ulteriori misure di contenimento dei livelli occupazionali e retributivi, rispetto a quelle già previste nel piano industriale e codificate nell’accordo del 19 dicembre 2012”. Il problema, per i sindacati che quell’accordo lo firmarono, è che a Rocca Salimbeni hanno fretta. Già domani il cda di Mps avvierà la discussione delle linee guida del – nuovo – piano di ristrutturazione, “per poter pervenire all’approvazione nella riunione del 24 settembre”.

L’unica a non essere sorpresa dall’accelerazione, ufficialmente effetto diretto dal vertice di Cernobbio tra il commissario europeo Almunia e il ministro Saccomanni, è la Fisac Cgil. Quella del Monte, s’intende, che ha già proclamato due giorni di sciopero, il 27 settembre e il 4 ottobre. Con in più, il 21 settembre, “una manifestazione per tutti i lavoratori del gruppo, e per chiunque sia interessato alla difesa del patrimonio umano ed economico dell’azienda”. Gli altri sindacati sparano: “Le iniziative e gli scioperi proclamati dalla Fisac non prendono atto del profondo cambiamento del contesto e della reale situazione della banca, portando così i lavoratori ad uno scontro senza prospettive”.

Nonostante il prurito alla penna, a Siena in casa Cgil si decide di non rispondere. Mentre la Fisac nazionale “auspica che tra i banchieri non prevalga la linea di chi pensa di risolvere i problemi delle banche con ulteriori tagli all’occupazione e attacchi al contratto nazionale e al salario”. Ma è proprio quello che accadrà – e loro faranno da battistrada – ai lavoratori Mps, almeno a leggere il comunicato con cui il Tesoro italiano ha tracciato il sentiero, scivoloso, sul quale il Monte dovrà inerpicarsi.

Nella nota del Mef è scritto a chiare lettere: “Le modifiche (al piano di ristrutturazione, ndr) elaborate dal management di Mps e sottoposte anche alla Banca d’Italia, rispondono alle richieste della Ue”. Di qui i nuovi tagli al personale (“ulteriori azioni di contenimento dei costi in aggiunta a quelle in corso di attuazione”), e i 2,5 miliardi di ricapitalizzazione per anticipare il rimborso dei Monti Bond, il cui tasso para usuraio – oggi 9%, a salire ancora nel 2014 – strozzerebbe un toro. Se poi i capitali latitassero, solo allora Mps sarebbe nazionalizzata. Elio Lannutti di Adusbef auspica che avvenga subito: “Meglio evitare una lunga agonia, e il tentativo di far pagare i costi a lavoratori e risparmiatori”. Mentre i piccoli azionisti di Azione Mps chiedono “non un nuovo padrone ma un piano credibile, tale da attrarre investitori istituzionali e piccoli azionisti, trasformando Mps in una public company”. In un’Europa normale, forse, sarebbe anche possibile.