Salari ancora più bassi e possibilità di licenziamento scongiurati fino a novembre. Questa è la situazione degli ex lavoratori socialmente utili impiegati nel comparto scuola che non hanno avuto altre certezze nemmeno dopo l’incontro di ieri tra le rappresentanze sindacali Usb, i dirigenti del Miur Montesarchio e Filisetti e l’onorevole M5S Luigi Gallo.

Si tratta di 11.500 dipendenti che attualmente svolgono servizi di pulizia, manutenzione ed assistenza in 4 mila scuole, soprattutto nel centro sud. Il tavolo convocato lunedì 30 settembre al Ministero dell’Istruzione avrebbe dovuto chiarire una volta per tutte le conseguenze del Decreto del fare sullo stipendio e sulla continuità occupazionale di questi lavoratori. Il Decreto del fare, varato ad agosto 2013, prevede un taglio del 25% (circa 110 milioni) per i fondi ai servizi di pulizia nelle scuole. Questo taglio dovrebbe essere compensato da un abbassamento degli stipendi, attualmente poco più di 800 euro per lavoratore, e dall’interruzione dei contratti di lavoro in estate come per i docenti precari. Dall’incontro di ieri è emerso che il pericolo di tagli è stato per ora scongiurato ed è stata ottenuta la proroga dei contratti fino a novembre. Ma le incertezze rimangono, come spiega Carmela Bonvino, sindacalista Usb: «Saranno convocati altri tavoli prima della metà di ottobre, in cui ci è stato assicurato si discuterà dei veri problemi della vertenza».

Lo slittamento della discussione da luglio a settembre, e da settembre a novembre, fa parte di «una strategia del Ministero per spostare il confronto in un tempo dove non ci saranno più spazi per intervenire» sostiene la Cgil. In questi mesi le istituzioni hanno sempre spinto per rimandare la discussione al termine delle gare gestite da Consip, la società per azioni che opera per conto del Ministero delle Finanze e si occupa degli appalti della Pubblica amministrazione. Alla fine di settembre Consip ha concluso 9 gare sulle 13 previste per l’affidamento dei servizi pulizie e delle mense scolastiche a cooperative e consorzi.

Il nodo della questione ex-Lsu, secondo i sindacati di base, starebbe proprio nell’esternalizzazione compiuta nei confronti di questi lavoratori. Dopo circa 5 anni di servizio negli istituti scolastici, nel 2001 sono stati costretti a scegliere tra il licenziamento come personale Ata o la riassunzione all’interno di cooperative – aziende gestite da consorzi semiprivati. Il cambio di categoria professionale ha comportato per gli 11 mila ex Lsu una riduzione di stipendio e l’aumento dell’orario di lavoro a 30 delle ore settimanali.
Secondo le stime dell’Usb, dal 2001 al 2010, la gestione da parte dei consorzi ha avuto come conseguenza per lo Stato un aumento della spesa di circa mille euro a lavoratore. Nel 2011 i fondi per gli ex-Lsu sono stati presi dalla Cig in deroga, che «ha rappresentato un chiaro segno di estromissione dal lavoro» sostengono dall’Usb.