Il risultato finale non è mai stato realmente in discussione, il pronostico della vigilia parlava di centrosinistra vincitore ad Ancona, e infatti Valeria Mancinelli – sostenuta da una larga coalizione formata da Pd, Verdi, Udc, lista Monti e civiche – ha sbaragliato Italo D’Angelo, l’ex questore messo in campo dal centrodestra: ottomila voti di differenza tra i due (20mila a 12mila) e percentuali che non lasciano grandi margini di dibattito: 62,6 per cento lei, 37,4 per cento lui.

Bassa l’affluenza, come ovunque del resto: appena il 41.86 percento degli anconetani è andato alle urne per questo ballottaggio, il dato più basso di sempre nel capoluogo marchigiano.

Valeria Mancinelli è il primo sindaco donna della storia di Ancona. Avvocato abbastanza noto in città, è specializzata in questioni amministrative; la persona giusta, probabilmente, per rimettere ordine in una situazione complicatissima: dal 2009 a oggi, si sono succeduti due sindaci e due commissari prefettizi: Fabio Sturani (Ds), in carica tra il 2006 e il 2009 è crollato sotto il peso degli scandali, poi Fiorello Gramillano (Pd, 2009-2012) ha fatto in tempo addirittura a dimettersi per tre volte prima di capitolare sotto il peso di una maggioranza sin troppo ballerina. «Anche questa è fatta – ha detto Mancinelli a vittoria acquisita, mentre intorno a lei era tutto uno stappare di bottiglie e un abbracciarsi felici -, speravo che il nostro messaggio di cambiamento sarebbe passato. Non siamo arrivati dappertutto ma ce l’abbiamo fatta». La constatazione di una realtà fatta di diserzione delle urne in mezzo alla festa, e una promessa: la giunta sarà pronta in tre giorni. «C’è una perdita di credibilità della politica che è del tutto meritata – la conclusione del nuovo sindaco -, il mio compito sarà recuperarla».

Non sarà un’impresa facile: Ancona, come tutte le Marche, sta attraversando un periodo di profonda depressione dovuta alla crisi economica (l’ultima «botta», il caso Indesit) e a una generica perdita di fiducia nei confronti delle varie amministrazioni. Il «modello Marche» (un centrosinistra molto spostato verso il centro, senza la sinistra) battezzato dal governatore Spacca alle ultime regionali si sta mostrando sostanzialmente incapace di fare scelte incisive e non è un caso che, alle politiche, il Movimento Cinque Stelle si sia rivelato il primo partito praticamente ovunque nella regione. Adesso, con la flessione dei grillini, lo spauracchio si è incarnato in un astensionismo da record.