Ancora orfano di un testo definitivo, il decreto che abolisce l’Imu per i ricchi e per i poveri produce abbagli. Ieri i grandi quotidiani hanno titolato sull’aumento dell’Irpef sulle seconde case sfitte pari a 1 miliardo di euro. L’ipotesi è stata smentita repentinamente da Palazzo Chigi: «Era solo una bozza». E di bozze in questi giorni ne sono circolate parecchie, come quella consegnata ai giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione del decreto dove la «Service tax» era stata rinominata «Taser», nome che è stato ritirato nottetempo perché spiacevolmente simile ad una pistola elettrica anti-scippatori (e anti-stupro).

Da quando il Pd e le larghe intese guidano una politica fiscale ad uso e consumo delle esigenze elettorali di Berlusconi (il giudizio è di un editoriale di ieri del Financial Times), la comunicazione naviga in una bolla di chiacchiere. In compenso non è stata ancora smentita la notizia che l’Imu sarà pagata solo su 73 mila immobili di lusso (su 20 milioni) e che i grandi costruttori non pagheranno la tassa sugli immobili invenduti nei quartieri fantasma sorti negli ultimi anni nelle periferie italiane. Roma ne è un esempio clamoroso.

La «Service Tax» per il momento è solo un nome. Il premier Enrico Letta sostiene che sarà inferiore alla somma di Imu e Tares, ma ancora mancano i dettagli su una tassa che non è più patrimoniale e colpisce chi abita in un appartamento. In questa incertezza resta l’impressione che sia stata concepita per premiare i proprietari e i costruttori e punire gli inquilini, i giovani e gli studenti (fuorisede), le famiglie impoverite. Per Federconsumatori e Adusbef, se non controllata, la «service tax» potrebbe costare 110 euro in più rispetto all’Imu. Anche in questo caso la base sociale del Pdl sarebbe tutelata con la benedizione del Pd e del suo segretario Epifani che ancora ieri si fustigava: «Avremmo potuto fare diversamente e usare 2,4 miliardi per investimenti». Cesare Damiano parla, a ragione, di «errore politico». Il Pdl oggi passa come il difensore del «ceto medio», mentre il Pd come il tartassatore dei popoli. Un singolare rovesciamento che ha affondato un partito «disastroso» (parola del sindaco di Bari Emiliano).

Entro dicembre il governo dovrà trovarne altri 2 miliardi per cancellare la rata Imu di dicembre. La cifra verrebbe recuperata da un miliardo derivante dall’Iva versata sui 10 miliardi dei debiti della P.A. e dai 600 milioni provenienti da una sanatoria dei debiti contratti dai gestori delle slot machine con lo Stato. In realtà questi signori dovrebbero al fisco 2,5 miliardi. Le larghe intese, alla caccia di risorse, gli hanno fatto uno sconto. Anche questi fondi non sono ancora certi, sono solo previsioni che dovranno diventare realtà entro il 15 ottobre, quando inizierà la discussione sulla legge di stabilità. Mancano ancora 400 milioni. Il totale fa 4,4 miliardi. Entro il 1 ottobre il governo dovrà inoltre trovare 1-1,5 miliardi di euro per sterilizzare l’aumento di un punto dell’Iva, considerato «inderogabile» dal vice-ministro all’economia Fassina ma evitabile dal resto del suo partito. Anche in questo caso non c’è ancora traccia dei fondi.
Per coprire le spese per la cassa integrazione, 6500 esodati e le missioni all’estero il governo deve trovare almeno 7 miliardi. Un’impresa titanica su cui i mercati stanno già facendo scomesse. Il rischio è di sforare il 3% nel rapporto deficit/Pil, peraltro rafforzato dal crollo del Pil che nel 2013 raggiungerà meno 1,8-2%.

Il costo per le larghe intese sarà salato, ma questa non è una preoccupazione del «Metodo Berlusconi», così l’ha definito il vispo capogruppo Pdl alla Camera Brunetta. Per tenere fede agli impegni il ministero dell’Economia ha rilanciato l’idea di una «spending review» su comuni e provincie, e in particolare su sanità e trasporti.
Per la Cgia di Mestre l’aumento dell’Iva peserà sulle retribuzioni da circa 30 a 120 euro in più ogni anno. A parità di reddito, saranno penalizzati i nuclei più numerosi, come ha detto ieri il presidente Bortolussi a Il Manifesto smentendo una previsione del governo. Per il Codacons sarà una stangata da 209 euro per le famiglie con tre persone. «Farò di tutto per evitarlo – ha detto Letta alla festa Pd a Genova – senza sfasciare i conti pubblici». «Vinceremo anche questa battaglia» ha assicurato Brunetta. Tanto per chiarire che il governo è «stabile» se fa gli interessi del condannato di Arcore e non rimedia agli «errori politici» compiuti dal partner con la sindrome di Stoccolma.