«Anche Renzi è d’accordo con noi per andare a votare a maggio insieme alle europee», giura Renato Brunetta. A Forza Italia non basta più dare appuntamento agli emissari di Renzi, per parlare di legge elettorale, dalle parti del parlamento, così da farsi notare. Non basta più comunicare ai quattro venti la telefonata tra Verdini e il neo segretario del Pd che doveva restare riservata. Adesso il capogruppo Brunetta si incarica di diffondere il pensiero autentico del leader avversario, lasciando intendere che la trattativa per cambiare il sistema di voto tra Pd e Fi è ben avviata. In un’escalation di comunicati, Brunetta informa di tenere contatti quotidiani con i plenipotenziari del sindaco di Firenze. Lo fa per mettere in difficoltà i cugini-nemici del Nuovo centro destra, che da questa trattativa sono – a loro rischio – esclusi. Ma finisce per mettere in difficoltà anche Renzi.

Sulla nuova legge elettorale il segretario non può permettersi di restare in attesa di un accordo di maggioranza, che avrebbe i tempi lunghi di una mediazione complessiva all’interno del «patto» per il 2014. Di fatto il lavoro in commissione affari costituzionali alla camera non è ancora partito, nonostante i rulli di tamburo che hanno accompagnato lo spostamento della materia dal senato a Montecitorio. L’argomento utilizzato dai frenatori è che niente può essere deciso prima che la Corte Costituzionale faccia conoscere le motivazioni con le quali ha cancellato i due aspetti peggiori del Porcellum, il premio di maggioranza senza limiti e le liste bloccate. L’argomento regge: nel caso si volesse riportare in vita la precedente legge elettorale, il Mattarellum, bisognerebbe ricordarsi che anche quella prevedeva una quota di seggi assegnata in base a liste bloccate. Ipotizzare invece una correzione in senso ultra maggioritario di quella legge potrebbe non essere possibile se la Consulta dovesse imporre un più stringente rispetto del principio proporzionale.

D’altra parte anche ammiccare troppo a Forza Italia, con la quale il segretario Pd potrebbe chiudere un rapido accordo sul Mattarellum corretto da estendere anche a Sel e (almeno come tentativo) al Movimento 5 Stelle, espone Renzi al rischio di fare il gioco di Berlusconi. La minoranza del partito democratico non si lascia scappare l’occasione per incalzarlo, e nella minoranza c’è adesso l’ex segretario Bersani. «Il Pd deve evitare di fare regali al Cavaliere», dice. Dovrebbe invece «partire dal doppio turno di collegio», formula con la quale «si dà un po’ più di spazio di manovra anche ad Alfano». Contemporaneamente, un gruppo di deputati del Pd presenta una proposta di legge che è basata proprio sul doppio turno, un meccanismo simile alle elezioni comunali: il famoso «sindaco d’Italia» che rivendica proprio Alfano. Tra questi deputati c’è Beppe Fioroni, che si rivolge polemico a Renzi: «Perché non smentisci Brunetta? È una conferma che vuoi votare a maggio?».

I più preoccupati sono naturalmente gli alfaniani. Cicchitto paragona i colloqui tra Renzi e Forza Italia addirittura al patto Molotov-Ribbentrop, con il Nuovo centro destra che non ci sta a fare la fine della Polonia. Le (scarse) truppe del ministro dell’interno spingono per il doppio turno, che sia di collegio o di coalizione, così da poter mantenere un po’ di autonomia da Forza Italia, almeno fino ai ballottaggi. Ma Alfano può solo diffondere auspici: «Mi auguro che Renzi utilizzi tutta l’adrenalina che gli deriva dalla vittoria del congresso per far andare avanti il governo».