Lo spot di Renzi-Giannini sui 500 ricercatori «ad alta velocità» da importare dall’estero nell’università italiana non convince i rettori della Crui. I paludati ermellini definiscono la trovata del governo un «segnale positivo per i giovani studiosi ma limitato a quest’anno». Quanto alle mille assunzioni di ricercatori precari nei prossimi tre anni (150 milioni complessivi) nel deserto degli atenei sono briciole anche per i rettori, rispetto alle 10 mila uscite avvenute negli ultimi 8 anni. Il presidente della Crui Gaetano Manfredi chiede un piano pluriennale e poi si sofferma sul grande assente della manovra economica: il diritto allo studio.

Chiesta anche un’«attenta verifica del sistema di calcolo degli indicatori Isee» che escludono migliaia di studenti beneficiari di borse di studio. Poi un messaggio al governo che tradisce una preoccupazione. Senza un adeguato rifinanziamento, o almeno la buona volontà a garantirlo, i rettori sostengono che non “sarà possibile garantire la collaborazione del sistema universitario allo svolgimento del nuovo esercizio della valutazione della qualità della ricerca (Vqr) 2011-2014″. In vari dipartimenti si registra una crescente voglia di astenersi dal momento più importante dell’università meritocratica. Da questa valutazione dipende l’attività degli atenei.

La battaglia degli studenti (Link e Udu) ha dunque inciso anche nelle alte sfere. I rettori considerano «positivo» l’annuncio dello sblocco degli scatti stipendiali richiesto da una mobilitazione in corso da parte di una rete di docenti. A Renzi e Padoan si chiede anche di avviare il ripristino del Fondo di Finanziamento Ordinario «al livello del 2009» quando fu tagliato da Tremonti di 1,1 miliardi di euro.

Anche il Consiglio Universitario Nazionale (Cun) boccia la proposta dei 500 ricercatori (italiani e stranieri) ad alta velocità da assumere con gruzzoletto al seguito in Italia. Per il Cun sono troppo pochi a fronte dell’espulsione di oltre 10 mila persone avvenuta negli anni del grande gelo della riforma Gelmini e dei tagli. Ad esempio iricercatori inseriti in un percorso di “tenure track” sono talmente esigui da risultare inesistenti: ne servirebbero 4 mila per far sopravvivere il sistema, oggi ce ne sono solo 500. Insieme a un fondo pluriennale per rimpopolare lo scheletro degli atenei, anche il Cun sollecita a intervenire sul diritto allo studio che esclude gli studenti, invece di sostenerli.

Oggi e domani si terrà a Udine (palazzo Garzolini di Toppo Wassermann) la «Leopolda dell’università» del Partito democratico. Prevista la contestazione dei ricercatori precari e degli studenti. In un comunicato che sta girando in rete in questi giorni, la protesta contro l’annunciata riforma sulla «Buona università» ha preso un registro ironico. «Buona Università ad alta velocità? Stop that train! Noi non siamo capitale umano!». Il riferimento è al titolo scelto per la «Leopolda» friulana: «Più valore al capitale umano. Università, ricerca e alta formazione motori di sviluppo». Espressioni da convention aziendale o per un ritrovo di appassionati di gestione delle risorse umane.

ricercatori precari
Il Coordinamento degli assegnisti, borsisti di ricerca e dottorandi «Ricercatori non strutturati» critica l’annuncio sullo sganciamento degli atenei dalla pubblica amministrazione e sostiene che le assunzioni dei mille ricercatori sarebbero «usa e getta». Una volta «scaduti» i loro contratti, gli atenei non avrebbero le risorse per farli diventare «di ruolo». «Ci chiediamo in che modo verranno definiti i criteri e le modalità di reclutamento di questi 500 “lonely heroes” della ricerca – scrivono nel documento – ma sospettiamo già che si tratti di una logica escludente e differenziale, tipica del dispositivo meritocratico».

Scarso credito tra i precari ha anche l’annuncio sul «Jobs Act dei ricercatori». «Con buona probabilità – scrivono – si andranno ad aggiungere alle altre forme contrattuali precarie e in via di espulsione (ma di corsa!) dall’università pubblica. L’idea della neo “Renzi University” è semplice: assumere con fini meramente di propaganda elettorale 500 “futuri Premi Nobel” per nascondere la deliberata scelta di “puntare” sul precariato, trasformando il corpo docente in un’enorme distesa di figure precarie usa e getta».

Scambi polemici si sono susseguiti su twitter tra i ricercatori della Rete 29 aprile, nata nei mesi della protesta contro la “riforma” Gelmini nel 2010, e la responsabile università del Pd Francesca Puglisi. Quest’ultima ha rimproverato i ricercatori di non “avere proposte” alternative a quelle – piuttosto vaghe – fin’ora annunciate dal governo e dal suo partito di maggioranza. Loro, oggi, a Udine non ci saranno. “A Udine – scrivono in un post sul sito della rete – c’è un programma calato dall’alto, una sorta di parata di relatori invitati che non prevede uno spazio per chi non sia stato inserito nel programma stesso. Le abbiamo cortesemente e in molte occasioni richiesto un documento minimo, una sorta di abstract, in cui il PD presentasse, seppure in stato di bozza, le proprie idee sull’Università”. Tutto inutile, le proposte non sono mai arrivate.

Alla Leopolda di Udine non ci sarà un dialogo con la comunità accademica, questo sostiene la Rete 29 aprile: “Vi preghiamo sin d’ora – scrivono i ricercatori . di non usare questa manifestaziona per veicolare con l’opinione pubblica un “lungo periodo di ascolto e dialogo” che non c’è mai stato”. “Alcuni tavoli, della durata prevista di 2 ore (120 minuti), hanno in programma 17 persone più due moderatori. Non si interviene seriamente sull’Università con 4 minuti a disposizione (né con 10 o con 15, per la verità)”.

Il Pd ha cercato di istruire un dialogo con le reti e le associazioni universitarie il 26 febbraio scorso al Nazareno. Dopo l’iniziativa si è scoperto che le conclusioni del “percorso condiviso” erano state già scritte e aspettavano di essere pubblicate. Ne seguì una polemica furibonda raccontata qui.

In previsione della Leopolda universitaria, anche gli studenti del coordinamento universitario Link si sono mobilitati. Ieri alla Camera hanno presentato le linee per una nuova università. Al centro della loro proposta c’è il rifinanziamento dell’università e della ricerca. Importante è anche un cambio nell’impostazione dell’uso di questi fondi in una cornice non “aziendalista”. “La nostra proposta parte dall’interrogativo su quale sia il ruolo sociale dell’università – sostiene Alberto Campailla, portavoce nazionale di Link – Coordinamento Universitario – Per noi è necessario invertire il rapporto esistente tra tessuto produttivo ed economico e istruzione pubblica. Non più adattare la formazione e la ricerca universitaria alle esigenze del mercato del lavoro, ma ripensare l’istruzione e i saperi come nucleo di un nuovo modello di sviluppo. I contenuti della legge di stabilità sono in totale contrapposizione con l’idea di Università contenuti nella nostra proposta.”

Dopo anni di abbandono, di tran tran quotidiano in un deserto, gli annunci di Renzi e una crescente insoddisfazione hanno fatto rivivere un dibattito che sembrava morto nell’università italiana. Ma il dialogo, al tempo del premier “ad alta velocità” è complicato, se non proibitivo.