L’allerta si sgonfia quando la piazza si riempie delle bandiere colorate di Potere al popolo, Prc, Porco Rosso dell’Arci e quelle nere di un gruppetto di anarchici illuminate dalle luci del teatro Massimo, con i partigiani dell’Anpi in testa al corteo che alzano il pugno intonando «Bella Ciao», mentre i ragazzi dei centri sociali «Anomalia» ed «ex Karcere», in fondo, tengono in alto una striscia di nastro adesivo, scelto come simbolo del loro antifascismo con l’evidente riferimento al pestaggio del dirigente di Fn, Massimiliano Ursino, legato e aggredito martedì scorso da un gruppetto di otto ragazzi, sei dei quali sono indagati.

Palermo, blindata da trecento poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa con un elicottero a sorvolare l’area rossa, ha smentito chi temeva disordini e aveva deciso di mettere in campo un servizio d’ordine straordinario. L’immagine di una giornata, vissuta al cardiopalma e poi rivelatasi una festa, sta in due istantanee: quella di piazza Verdi con circa duemila antifascisti in corteo per le strade del centro città sotto gli sguardi dei commercianti e dei turisti e l’hotel Excelsior, dove alla fine Roberto Fiore, leader di Forza nuova, ha scelto di rifugiarsi per il suo comizio assieme a una quarantina di militanti di estrema destra che avrebbero occupato solo una piccolissima porzione di piazza Croci, dove era prevista l’iniziativa elettorale dell’ex fondatore di Terza posizione. Ancora più ridotto il manipolo di attivisti di Casapound che si sono riuniti in un locale vicino al tribunale, a circa settecento metri dalla piazza degli antifascisti.

«Chi si aspettava disordini è stato smentito, la piazza palermitana ha ribadito il suo no alla violenza e a ogni tolleranza verso rinascenti formazioni nazifasciste», esulta l’Anpi, soddisfatta «per la felice riuscita di una manifestazione che ha espresso l’orgoglio dell’antifascismo palermitano».

E in piazza i centri sociali hanno festeggiato la decisione del gip di rilasciare Giammarco Codraro e Carlo Mancuso, che erano stati fermati dalla Digos con l’accusa di avere tentato di uccidere Massimiliano Ursino. Il giudice ha derubricato il reato in lesioni gravissime, ordinando la scarcerazione dei due e disponendo l’obbligo di dimora fuori dalla provincia di Palermo e quello di firma tre volte a settimana. «Non si è trattato di un pestaggio, hanno solo umiliato un fascista», rivendicano i centri sociali mentre sfilano per la città. «Hanno parlato di ossa rotte e crani aperti: tutte falsità – dice Giorgio Martinico, portavoce di «Anomalia» – Ursino ha avuto 5 giorni di prognosi. Ma quale aggressione, lo ha capito anche il gip che li ha liberati».

Non la pensa così invece Roberto Fiore, che approfitta dei riflettori per attaccare i giudici: «La scarcerazione dei due militanti dei centri sociali è uno scandalo». Per il leader di Fn «vedere il film dell’aggressione e sapere che questi due sono usciti dal carcere dopo due giorni fa ridere: ricordo che ci sono due militanti a Roma che non hanno torto un capello a nessuno e sono dentro».

Quindi l’affondo al Palazzo di giustizia, dove lavorò anche Giovanni Falcone che avrebbe voluto interrogare proprio lui nell’ambito delle indagini per l’omicidio di Piersanti Mattarella, l’ex presidente della Regione siciliana e fratello del capo dello Stato, assassinato 38 anni fa; un omicidio sul quale aleggia l’ombra di un patto tra il terrorismo nero e Cosa nostra.

«Questo – sostiene Fiore – fa capire che la magistratura di Palermo è deviata e quella italiana è infiltrata». Gli fa eco Massimiliano Ursino: «È uno scandalo che certi ambienti abbiano il favore di certe Procure, soprattutto quella di Palermo», dice ignorando che però è stata proprio la Procura a disporre i fermi dei suoi presunti aggressori e a chiedere al gip la custodia cautelare in carcere.

Ursino rappresenta ormai «l’orgoglio nazionale» per un movimento, come sottolinea Fiore, che «non rinnega gli aspetti buoni del fascismo».

Non ci sarà però, assicura, nessuna rappresaglia. «Non ci stanno vendette, c’è una visione delle cose molto attenta e molto responsabile da parte mia e nostra», garantisce il capo di Fn. Che se la prende anche con la stampa «per la campagna di odio».