L’approssimarsi dell’ipotesi di attacco americano in Siria, ha moltiplicato le dichiarazioni dei responsabili della politica estera russa. E qualcuno a Mosca vocifera persino che esistano due linee al Cremlino su come affrontare l’aggressività Usa. Ieri, Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha confermato che «la linea di comunicazione tra Russia e Usa per la prevenzione degli incidenti in caso di attacco in Siria è attiva». Si tratta dell’ultimo tenue filo che lega – in questo momento – Mosca a Washington.

DICHIARAZIONI CAUTE e «costruttive», come del resto quelle di Putin. Il presidente russo ha affermato che «la situazione mondiale stia diventando sempre più caotica« e ha espresso la speranza che prevarrà il senso di responsabilità di tutti.

Per quanto riguarda la crisi siriana Putin punta inoltre sul coordinamento con la Giordania di cui ha apprezzato il contributo al percorso verso il disarmo della Siria meridionale. «Sosteniamo un dialogo costruttivo con re Abdullah II. Durante i colloqui di Mosca dello scorso febbraio, sono state discusse questioni chiave relative all’ulteriore approfondimento delle relazioni bilaterali e al coordinamento degli sforzi congiunti in Siria» ha affermato il presidente russo. Toni meno concilianti – invece – dal ministro degli esteri Sergey Lavrov. «Dio non voglia, che sia intrapresa in Siria un’avventura sul genere di quella libica o irachena…» ha detto in conferenza stampa. Mosca teme che la vecchia ipotesi di voler rovesciare Assad torni in agenda non solo a Washington ma anche a Londra e a Parigi. Per Lavrov, del resto, simili progetti «porteranno solo a nuove ondate di migranti verso l’Europa». La Russia, ha aggiunto il capo della diplomazia, «ha prove inconfutabili che l’attacco chimico sia stata montatura in cui sono coinvolti i servizi di un paese», lasciando all’immaginazione dei giornalisti il resto.

CON SARCASMO ha poi messo all’indice «la missione dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche che si muove non molto velocemente e senza eccessivo entusiasmo, e che solo sotto la nostra pressione e quella siriana, arriverà a Damasco il 14 aprile», ha rivelato Lavrov. «Ci aspettiamo che la missione si recherà a Duma senza indugio, dove nessun esperto russo ha trovato prove sull’uso di armi chimiche» ha concluso Lavrov.

Per alcuni «cremlinologi» Lavrov e Putin da qualche tempo avrebbero perlomeno accenti diversi su come affrontare Trump. Secondo queste ricostruzioni, Lavrov considererebbe la linea di Putin «timida» e «attendista«. Che qualche screzio ci sia stato tra i due sarebbe confermato dal fatto che ieri «Zar Vladimir» si è lasciato sfuggire che «non ha ancora deciso se riconfermare Lavrov» nel prossimo governo al varo dopo il 7 maggio.

PRONTE INVECE LE ATTESE contro-sanzioni dopo le misure assunte una settimana fa dal dipartimento delle finanze Usa che hanno provocato un vero e proprio terremoto finanziario a Mosca. Ieri la Duma ha votato all’unanimità i dispositivi anti-Usa. Vietata l’importazione di «alcoolici e tabacchi degli Usa». Niente più quindi Marlboro e bourbon nei supermarket russi; la misura è in gran parte propagandistica, visto che molte sigarette americane vengono già prodotte su licenzia nella Federazione. Per quel che riguarda i superalcolici esiste un’ampia gamma di ottimi prodotti non americani. Lo stesso vale per il divieto di importazione di farmaci Usa che infatti non verrà applicata «a preparati non esistenti sul mercato russo».

DI MAGGIOR CONSISTENZA la creazione di black list di cittadini americani che volessero «esercitare attività lavorative o di business in Russia e anche per quanto riguarda gli specialisti altamente qualificati». Lo stesso vale per il «divieto o la restrizione dell’ammissione di società americane alle gare d’appalto per la privatizzazione di proprietà statali e municipali in Russia». Escluso per ora il blocco dell’esportazione di titanio e motori per missili che gli economisti russi considerano «misure boomerang»: finirebbero per indebolire più l’economia russa di quella americana.