Associazione per delinquere: è l’accusa mossa dalla Procura di Potenza al vicepresidente di Confindustria Ivan Lobello. Un altro nome eccellente che spunta dagli atti dell’inchiesta sulla “cricca” del petrolio in Basilicata. Da cui partivano affari e intrecci che si espandevano, a mo’ di piovra, anche in altre regioni. Per assicurarsi il controllo di un pontile nel porto della cittadina siciliana, secondo i pm, fu costituita un’associazione per delinquere composta da Gianluca Gemelli, Nicola Colicchi, Paolo Quinto e lo stesso Lo Bello. Ai primi due è attribuito il ruolo di «promotori, ideatori ed organizzatori»; a Quinto e Lo Bello quello di “partecipanti”. Le contestazioni al gruppo riguardano anche altri progetti di impianti energetici e permessi di ricerca e di “Sistemi di difesa e sicurezza del territorio” da attuare in Campania. L’organizzazione viene definita «rudimentale» ma molto attiva dagli inquirenti, secondo i quali «il gruppo di indagati ha mostrato di essere permanentemente impegnato in attività che, seppure connotate da finalità lecite, vengono perseguite attraverso condotte illecite, quali il traffico di influenze illecite e l’abuso d’ufficio».

 

Riferendosi in particolare al pontile nel porto di Augusta, Quinto, in un’intercettazione del 16 gennaio 2015, dice a Gemelli: «Se noi vogliamo fare una cosa intelligente, ti conviene prendere il pontile, così condizioni l’uso di esso». Quinto e Colicchi, inoltre, «hanno assunto un ’ruolo di cerniera’ col mondo politico» su cui facevano «leva, soprattutto al fine di ottenere nomine di pubblici amministratori compiacenti o corruttibili». Quali? Ad esempio Alberto Cozzo, commissario straordinario del porto di Augusta, che è indagato. Quinto è indicato come capo della segreteria della senatrice Anna Finocchiaro (Pd), Colicchi come componente dell’esecutivo nazionale della Compagnia delle Opere e con un ruolo nella Camera di Commercio di Roma. E l’ex ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi era diventata, per i magistrati, «inconsapevole strumento di quello che lei stessa non aveva mancato di individuare quale vero e proprio ’clan’» che aveva tra i membri il suo compagno, Gemelli, inquisito. Guidi, che è parte offesa, è stata comunque costretta a difendersi lo scorso 31 marzo.

Intanto il Tribunale del Riesame di Potenza ha confermato il sequestro di due vasche del centro oli di Viggiano dell’Eni e del pozzo di reiniezione “Costa Molina 2” a Montemurro (Potenza). L’Eni ha fatto sapere che ricorrerà «immediatamente» alla Cassazione contro la decisone e che richiederà un incidente probatorio tecnico in contraddittorio con la Procura. Nel frattempo il centro oli di Viggiano – dove fino al 31 marzo scorso venivano trattati 75 mila barili di petrolio al giorno e dove lavorano in circa 200 – sarà fermato dalla compagnia. Una vicenda che vede sotto la lente ditte appaltatrici e dirigenti dello stabilimento Eni che avrebbero portato alla sistematica alterazione dei codici rifiuto sui reflui di lavorazione del greggio, che venivano smaltiti come acqua di produzione anziché come rifiuti speciali pericolosi, producendo un indebito vantaggio economico alla società, 100milioni di euro in un solo anno.

E poi ci sono le emissioni in eccesso in atmosfera che alcuni dirigenti della società a sei zampe avrebbero nascosto per non incorrere nel blocco delle strutture. Le indagini finora hanno portato ai domiciliari cinque dipendenti dell’Eni e l’ex sindaco di Corleto Perticara, Rosaria Vicino (Pd). E all’iscrizione nel registro degli indagati, tra gli altri, di Giuseppe De Giorgi, capo di Stato maggiore della Marina; di Valter Pastena, dirigente della Ragioneria dello Stato; del sottosegretario alla Salute Vito De Filippo del Pd. E poi dell’onnipresente ed indefesso manager Gemelli.