Oggi l’Agenzia europea del farmaco darà il suo parere sull’autorizzazione del vaccino anti-Covid-19 sviluppato dalla statunitense Moderna. Il verdetto positivo appare scontato, visti i risultati positivi già pubblicati. Da qui a marzo l’Italia riceverà 1,3 milioni di dosi del vaccino, più altri 9 tra aprile e settembre. Il vaccino ha un’efficacia analoga a quello Pfizer ma può essere conservato in un normale freezer. Negli Usa, il direttore del programma di sviluppo dei vaccini “Warp Speed” Moncef Slaoui ha proposto di somministrare una dose dimezzata del vaccino Moderna, che risulterebbe altrettanto efficace e ne raddoppierebbe la disponibilità. Ma per la Fda sarebbe «prematuro e non scientificamente fondato».

Ai vaccini di oltreoceano, nel 2021 se ne potrebbe aggiungere uno a “chilometri zero”. Si tratta di quello sviluppato dall’azienda biofarmaceutica Reithera di Castelromano (Rm). Il vaccino Reithera è sicuro e stimola la produzione di anticorpi in grado di neutralizzare il coronavirus, ha annunciato ieri Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’istituto “Lazzaro Spallanzani”, presentando i risultati dello studio clinico di “fase 1” effettuato su 44 volontari.

SECONDO I DATI illustrati e già inviati a una rivista scientifica per la pubblicazione «le reazioni avverse del vaccino sono state limitate per intensità e durata, e nessun volontario ha manifestato eventi collaterali di gravità tale da compromettere le attività quotidiane». La risposta anticorpale è stata rilevata in 42 volontari su 44 (95%) e secondo Ippolito è «comparabile alla quantità osservata nell’infezione naturale». Il livello di anticorpi raggiunge un picco 4 settimane dopo la somministrazione e poi rimane costante, almeno nel periodo osservato durante i test. Questo consente di effettuare la vaccinazione in un’unica dose, un vantaggio notevole nell’organizzazione di una campagna vaccinale. Oltre a rilevare gli anticorpi, i ricercatori hanno osservato una risposta immunitaria «robusta e bilanciata» anche da parte delle cellule T, che oltre a contribuire alla risposta anticorpale uccidono le cellule infette e mantengono la memoria immunitaria. «Il coordinamento e il bilanciamento di tutte le componenti del sistema immunitario è l’unica arma efficace nella battaglia contro il virus», ha spiegato il medico.

Il vaccino è simile a quello messo a punto dall’università di Oxford e prodotto a Pomezia (Rm) dalla Irbm, società da cui provengono molti ricercatori della Reithera e l’amministratrice delegata Antonella Folgori. I ricercatori hanno utilizzato un adenovirus (un virus innocuo ma in grado di penetrare nelle cellule) per portare nell’organismo un frammento di Dna. Il frammento contiene le informazioni necessarie alla produzione della proteina “Spike” utilizzata dal coronavirus per agganciare le cellule e infettarle. Una volta prodotta la “Spike”, il sistema immunitario è in grado di sviluppare gli anticorpi che si legano alla proteina e le impediscono di penetrare nelle cellule. L’obiettivo è che gli anticorpi sviluppati si attivino anche quando a presentare la proteina “Spike” è il SARS-CoV-2. A differenza del vaccino di Oxford, che usa un adenovirus caratteristico dello scimpanzé, i ricercatori di Reithera ne hanno usato uno isolato nei gorilla.

LO SVILUPPO E I TEST del vaccino Reithera sono stati supportati dalla regione Lazio, e al prosieguo della sperimentazione collaboreranno anche il governo e il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Se le fasi 2 e 3 confermeranno i buoni risultati, la possibilità di avere un altro vaccino approvato entro l’estate è ritenuta «non irrealistica» dai ricercatori. Alla conferenza stampa ha partecipato anche il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli, che ha spiegato le ragioni di investire su un nuovo vaccino: «Di questo virus sappiamo ancora poco, e solo col tempo impareremo quali vaccini funzionano meglio quali ci proteggono solo dalla malattia e quali anche dall’infezione, quali sono più facili da usare». Ma ha parlato anche della «necessità di potenziare la capacità di ricerca italiana in un campo che per tanti anni è stato trascurato, l’opportunità di disporre di risorse e know-how nazionali per non dover dipendere dall’estero».

In realtà, anche se il vaccino è stato sviluppato e sperimentato tra Roma e Verona, il prodotto finale non sarà al 100% italiano. La Reithera risulta infatti controllata dalla Keires AG, una piccola società con sede a Basilea, in Svizzera.