Elbano, grande conoscitore del mare e del suo ecosistema, Umberto Mazzantini è il responsabile isole minori di Legambiente. Sta seguendo l’odissea della Costa Concordia quasi da padrone di casa, e avverte: “Per ora è andata bene. Ma quando il relitto sarà riportato in linea di galleggiamento, avrà bisogno di bonaccia e mare piatto per essere rimorchiato via dal Giglio. Non potrebbe affrontare una tempesta, per questo deve essere trasferito in un porto vicino”.

Mazzantini, andiamo per ordine: il raddrizzamento della Concordia è stato un successo. Non era scontato, si tratta di un’impresa mai tentata prima su una nave lunga 300 metri e con una stazza di 114mila tonnellate. Soddisfatto?

“Hanno fatto un ottimo lavoro, prendendo ogni precauzione. Hanno anche dimostrato di essere duttili, tenendo conto delle osservazioni degli ambientalisti e cambiando il progetto originario. Il baricentro dove applicare la forza di spostamento era stato calcolato come se la Concordia potesse tornare subito in linea di galleggiamento. Invece non poteva farcela. Infatti ora appoggia su un fondale artificiale”.

Anche l’aspetto ambientale è stato tenuto in debito conto? Oppure qualcosa non è andato per il giusto verso?

“Sia l’Arpat che l’Osservatorio hanno dato prova di una prudenza notevole. Giorno per giorno hanno monitorato la situazione, e segnalato i rischi cui si poteva andare incontro. Rischi che in parte esistono ancora. Dentro il relitto ci sono 8mila tonnellate di acque inquinate da sostanze in decomposizione, suppellettili rimaste a bagnomaria, e soprattutto oli e detersivi. Del resto la Concordia era una cittadella galleggiante di 4mila abitanti. Andrà fatta molta attenzione. In queste ore è stato rilevato un leggero inquinamento, peraltro previsto. E sono già state pompate via molte acque interne. Ora si potrà andare avanti con più tranquillità, raggiungendo parti della nave fino ad oggi inaccessibili”.

Quanto durerà la fase di definitiva messa in sicurezza della Concordia?

“Hanno già fatto un primo calcolo, ipotizzando almeno sei, sette mesi. Vanno considerate anche le condizioni dello scafo: ora si vede bene che non è soltanto sfondato, ma anche deformato dai due spuntoni di roccia che lo hanno trattenuto, evitando che scivolasse in profondità”.

Dunque il relitto non sarà pronto per il suo ultimo viaggio prima di maggio.

“Sicuramente dovrà essere rimorchiato via con la buona stagione. Anche quando tornerà in linea di galleggiamento, la Concordia non sarà certo in condizioni di affrontare una tempesta. Deve esserci mare piatto e bonaccia. Per giunta il relitto non potrà viaggiare per più di un miglio nautico all’ora”.

E’ per questo che una delle ipotesi più gettonate chiama in causa il porto di Piombino?

“Io spero che la Concordia vada a Piombino, basterebbe una sola giornata di tempo buono. Per arrivare a Palermo ci vorrebbero dodici giorni, anche a primavera è difficile una finestra così lunga di condizioni climatiche adatte. Poi si tratta di un gigantesco rifiuto speciale, che non può andarsene in giro per il Mediterraneo come se niente fosse”.

Però a Piombino il porto non è pronto.

“E’ vero, ma l’Autorità portuale è sicura di farcela. Anche se il relitto dovrà essere ‘parcheggiato’, aspettando di completare il bacino di carenaggio per dare gambe al progetto di farne il polo italiano per lo smantellamento delle navi a fine vita. Dal 2015 una direttiva Ue imporrà di rottamare tutte le navi degli armatori europei nel rispetto dell’ambiente e della salute dei lavoratori. Addio India, Bangladesh oppure Turchia, dove anche il mese scorso sono morti due operai. Visto che abbiamo fatto una bella figura agli occhi del mondo con il parbuckling, potremmo farne un’altra. Aprendo un mercato che non abbiamo”.

Un’ultima domanda. Che eredità lascerà la Concordia al Giglio?

“Una negativa, e paradossalmente una positiva. Il naufragio e le operazioni di rimozione del relitto hanno fatto conoscere l’isola in tutto il mondo. Ma il suo ecosistema è stato danneggiato, irrimediabilmente. Dove è stato costruito il falso fondale c’erano praterie di posidonia e una ricca biodiversità, Ora c’è una spianata di cemento. Al momento di quantificare i danni, il governo dovrà mettere in conto anche questo”.