Il movimento della scuola subirà approvazione della riforma, imposta con prepotenza da Renzi anche alla Camera dove ieri è iniziato il voto finale. Ma il presidente del Consiglio dovrebbe iniziare a preoccuparsi per un’ondata di protesta che non sembra avere alcuna intenzione di rifluire, anche a 35 gradi all’ombra, e promette di ricominciare a settembre usando tutte le armi a sua disposizione: assemblee delle Rsu, scioperi, ricorsi alla magistratura. Oggi c’è chi fa lo sciopero della fame; partecipa ai cortei come quello di ieri a Roma dove un migliaio di persone ha sfilato da Montecitorio a piazza Venezia; contesta il Pd alle feste dell’«Unità». Esiste un’opposizione animata da una forte indignazione perché molti docenti hanno votato un partito al quale non perdonano una trasformazione che lo rende irriconoscibile ai loro occhi. Dopo tre lustri di politiche contro la propria base elettorale, questo legame paradossale con il Pd sembra essersi rotto.

In una piazza Montecitorio gremita ieri il movimento della scuola ha dato nuovamente corpo al suo «No» alla riforma. A settembre, hanno assicurato tutti i sindacati della scuola (Flc-Cgil e Cobas, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda, Unicobas, Usb e Anief) per il governo sarà un “vietnam”, ci sarà “una guerriglia”, “in ogni scuola una barricata”. Ad esprimere concetti messi in circolo per primo da Piero Bernocchi (Cobas), che precisa “sarà una resistenza non violenta”, ieri a Roma erano docenti e personale Ata comuni. Ceto medio proletarizzato, non militanti antagonisti; precari esasperati, non solo sindacalisti. Persone che invocano la Costituzione e denunciano l’illegittimità dell’intero impianto di un provvedimento che alla libertà di insegnamento sostituisce la chiamata diretta dei docenti da parte dei “presidi manager”. Su tutto si invoca l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al quale anche i maggiori sindacati chiedono di valutare attentamente un testo che presenta numerosi profili di incostituzionalità. Il presidio a Montecitorio durerà tre giorni, e comunque finché il Ddl sarà firmato. La determinazione a restare in una conca con 40 gradi all’ombra, umida e afosa, nasce dall’opposizione a un modello di scuola “aziendalistica”. L’espressione è ritornata nei discorsi, talvolta confusi altre volte gridati e concitati, fatti dal palco. “Questo modello – ha riassunto Danilo Lampis, degli studenti Uds – risponde solo agli interessi delle imprese, dei presidi-manager e alle logiche valutative degli Invalsi. Le scuole dovranno diventare “imprenditrici” per autopromuoversi recependo fondi dal territorio e saranno palestre di clientelismi, autocrazia e assenza di diritti per studenti e lavoratori”.

Questa resistenza estrema, e soprattutto duratura, ha portato il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo ha ripetere un concetto: “Anche se la varano, questa riforma non sarà mai applicata”. E Francesco Scrima (Cisl Scuola) ha chiarito: “Non decollerà mai per motivi gestionali e organizzativi”. L’assunzione degli oltre 102 mila precari è stata definita un “bluff” da Rino Di Meglio della Gilda. Le assunzioni saranno 50mila entro il 15 settembre con il vecchio sistema. Per l’organico potenziato si aspetteranno i Piani dell’offerta formativa triennali pronti, forse, a fine 2015. Poi il piano straordinario per le altre 50mila assunzioni, ma i posti coperti saranno soltanto quelli delle supplenze. Nel prossimo anno scolastico, comunque vada, avremo circa 60mila cattedre senza insegnanti di ruolo.In piazza ieri c’era il movimento Cinque Stelle che sembra muoversi come un pesce nell’acqua nella protesta. “Mattarella non firmi questo Ddl incostituzionale” ha detto Alessandro Di Battista. “Questo Ddl regressivo non deve passare” ha dichiarato Arturo Scotto (Sel). Stefano Fassina, fuoriuscito dal Pd, ha invitato all’unità e a continuare la protesta a settembre. Ha subìto una contestazione, probabilmente per avere ricoperto un incarico di vice-ministro dell’economia nel governo Letta. “Si avverte un’evidente rottura tra il popolo che sta in piazza e coloro che se ne stanno nel palazzo, asserragliati – ha osservato Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) – Questo movimento non dà nessuna delega né alla maggioranza, né all’opposizione. Ha fiducia in se stesso e crede nella sua autonomia”.