“Il governo conferma politiche sbagliate”. La Cgil vede le carte del documento (aggiornato) di economia e finanza, bocciando punto per punto quella che può essere definita l’architrave della legge di stabilità. Nel giorno in cui la nota di variazione al Def arriva alla commissione bilancio di Montecitorio, al giudizio negativo del più grande sindacato italiano si accompagnano le critiche di Confcommercio e Confesercenti, già in allarme di fronte a un nuovo aumento dell’Iva e delle altre imposte indirette nel 2016. Una possibilità, comunque messa nero su bianco in un Def che i censori dell’Ue considerano talmente ottimistico da chiedere una sorta di clausola di salvaguardia. Mentre è una certezza, come conferma lo stesso Pier Carlo Padoan, che il governo andrà avanti a tutta velocità nella riforma del lavoro. Per abbassarne diritti e tutele, come denuncia il sindacato?: “Le imprese potranno gestire in maniera più efficiente l’attività produttiva – replica il ministro dell’economia – reagendo con maggior prontezza alle evoluzioni cicliche”. Cicliche?

A segnalare il gioco delle tre carte pensa la Cgil: “Nel Def da una parte si ammette che il governo ha sottovalutato prima i rischi e oggi la realtà della deflazione – osserva il segretario ‘macroeconomico’ Danilo Barbi – dall’altra che ha sopravvalutato l’effetto economico delle cosiddette riforme strutturali, sia del governo Monti che dell’attuale. Poi però si lasciano sostanzialmente le cose come prima. Si prevede, infatti, di ridurre sia la spesa che gli investimenti pubblici per i prossimi anni, sostenendo però che aumenteranno, non si capisce perché, gli investimenti privati nonostante che i consumi non ripartiranno”.

La chiave di lettura dell’apparente controsenso è presto detta: “Tutto diventa chiaro nelle previsioni dell’occupazione del futuro – sottolinea Barbi – perché il governo continua per un verso a sopravvalutare la crescita prossima, con una progressione del Pil che è calcolata in +0,6% nel 2015, +1% nel 2016, +1,3% nel 2017, e +1,4% nel 2018. Quando però si arriva alle ipotesi dell’occupazione, nonostante questo ottimismo ingiustificato si prevede comunque una disoccupazione al 2018 pari all’11,2%, con quella giovanile che corrisponde al 40%. Il governo quindi sta pensando che la disoccupazione rimarrà altissima per diversi anni”.

Quasi inutile osservare che, a fronte delle ricette proposte dalla Cgil (“Un piano straordinario di creazione di lavoro finanziato da una patrimoniale sulle ricchezze finanziarie, e parallelamente investimenti pubblici per una nuova politica industriale”), Matteo Renzi guarda in tutt’altra direzione. A Londra il presidente del consiglio italiano si esibisce in uno dei suoi classici giochi di parole, facendo sapere che ammira la presa di posizione francese sullo sforamento del rapporto deficit/pil (“sto dalla parte di François Hollande e Manuel Valls”), ma sottolineando al tempo stesso che l’Italia è uno scolaro diligente che fa i compiti a casa: “Noi rispettiamo i limiti che ci siamo dati del 3%”.

La trasferta inglese di Renzi diventa illuminante quando il premier italiano prima ribadisce la necessità della riforma del lavoro, e poi in visita alla City fa appello alle multinazionali perché investano in Italia. Sul lavoro infatti il Def pone grandi aspettative: le riforme programmate dal governo nel 2012-14, secondo il documento, avranno un immediato effetto sul Pil di 0,4 punti, per poi salire a 3,4 maggiori punti di sviluppo nel 2020 e arrivare a 8,1 maggiori punti di crescita nel lungo periodo. Con il modello “flessibile”, va da sé, su cui il governo punta le sue carte. Anche con la classica foglia di fico a coprirne le vergogne: “La rete di ammortizzatori sociali – assicura il ministro Padoan – verrà rafforzata e resa più inclusiva”.