La tensione per la ripresa dei lavori del gasdotto Tap in Salento è pronta a riesplodere da un momento all’altro. Dopo le polemiche degli ultimi mesi tra i cittadini e il governo, in particolar modo nei confronti del Movimento 5 Stelle che a Melendugno ha ottenuto il 65% dei consensi a fronte della promessa di bloccare il progetto una volta salito al governo, il premier Giuseppe Conte ha convocato a Roma consiglieri regionali del M5S e parlamentari eletti in Puglia, oltre al sindaco di Melendugno, Marco Potì.

Come nel caso dell’Ilva, anche nel Salento sono reali i timori dei cittadini sul futuro che li attende: del resto, lo stesso premier Conte non si è mai dichiarato contrario all’opera, con il vicepremier Luigi Di Maio che pur affermando che il M5S «è sempre stato No Tap», ha dichiarato che si atterrà alle indicazioni dei tecnici, nella consapevolezza che gli accordi, i contratti e le autorizzazioni per la realizzazione dell’opera ci sono da anni. Mentre il vicepremier leghista, Matteo Salvini, ha detto senza mezzi termini che «l’opera si farà». Punto. Difficile, se non impossibile, trovare una mediazione.

Il sindaco di Melendugno, Potì, ieri ha ribadito l’inutilità dell’opera, «che si ferma perché Tap ha commesso errori progettuali e falsificazione dei documenti, quindi si ferma non per responsabilità politica ma per responsabilità di Tap stessa». Oltre a ribadire come «Mtteo Salvini nel giro di un anno abbia cambiato idea. E che il 10% di sconto in bolletta di cui parla non esiste da nessuna parte. Dove lo ha appreso, in una birreria?».

Intanto i lavori in Puglia sono fermi a causa di diversi fattori: un sequestro disposto dalla Procura di Lecce, un’ordinanza del Comune di Melendugno e il divieto regionale sullo spostamento di un migliaio di ulivi presenti sul tracciato del gasdotto prima del primo novembre.

L’unico intervento sino ad ora realizzato da Tap su terra è il “pozzo di spinta per il microtunnel”, mentre restano da costruire 1,5 km di tracciato dello stesso, i lavori di movimento terra e scavo dove sorgerà il terminale di ricezione del gasdotto, e gli 8 km della pipiline che si connetterà al gasdotto Snam.

Il sequestro probatorio di un’area del tracciato, disposto dalla Procura di Lecce il 26 aprile scorso, riguarda invece la presunta violazione di una prescrizione contenuta nella Valutazione di impatto ambientale: nei mesi scorsi furono espiantati 448 ulivi tra le proteste dei cittadini. Proprio ieri dinanzi al gip di Lecce è stata discussa la richiesta di dissequestro avanzata da Tap con il giudice che si è riservato di decidere.

Altro ostacolo deriva dall’iniziativa del sindaco di Melendugno, che nei giorni scorsi ha ribadito l’efficacia dell’ordinanza con la quale il 24 luglio scorso aveva vietato il prelievo d’acqua dai pozzi nell’area del cantiere, per superamento dei limiti di alcune sostanze pericolose nella falda. Il divieto ha validità di 30 giorni, ma varrà «fino alle determinazioni che saranno assunte di concerto con le competenti altre autorità». Tap ha presentato ricorso al Tar del Lazio per ottenerne la sospensiva: l’udienza cautelare è fissata per il 31 ottobre.

C’è poi l’opposizione di fronte al Consiglio di Stato della Regione Puglia (che vuole l’approdo nell’area industriale di Brindisi), nonostante il ministero dell’Ambiente consideri Melendugno, difeso da prescrizioni paesaggistiche e ambientali, il sito meno invasivo.

Intanto al porto di Brindisi è arrivata la nave Adhemar D/Snt Venant, accolta dalle proteste dei No Tap, che dovrà proteggere l’ecosistema marino dallo sbocco del microtunnel. La nave è ferma. E non si sa quando salperà alla volta del Salento.