La modalità con cui sarebbe avvenuto nel Nord Kivu l’agguato che è costato la vita a uno dei magistrati congolesi impegnati nelle indagini sulla morte dell’ambasciatore Attanasio racconta come la presenza delle Forze armate della Repubblica democratica del Congo nella regione sia per le popolazioni locali parte del problema – al pari delle decine di gruppi armati che si contendono il territorio – e non della soluzione.

I RESPONSABILI DELLA MORTE di William Mwilanya Asani, che la notte tra il 2 e il 3 marzo viaggiava con un convoglio del 3409mo reggimento, sarebbero militari di un altro reggimento, il 3416mo, che in abiti civili «sbarravano la strada per molestare la gente del posto», come dice una nota ufficiale dell’esercito citata da Mnctv Congo e altri media locali. Siamo sulla RN4 all’altezza di Katale, a una ventina di km dal luogo in cui lo scorso 22 febbraio erano stati uccisi l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del Programma alimentare mondiale Mustapha Milambo.

Ma il magistrato, un militare anche lui in servizio presso l’ufficio del procuratore militare secondario di Rutshuru, era tuttaltro che privo di scorta. Alla guida della jeep su cui viaggiava c’era il comandante del reggimento, il colonnello Polydor Lumbu, che è rimasto ferito nello scontro a fuoco seguito all’imboscata. Perquisendo il corpo di uno degli assalitori rimasti sul terreno, gli uomini di Lumbu avrebbero scoperto l’”inganno”. La nota dei mmilitari sull’accaduto sembra un incredibile autogol, quasi uno spot per la tesi controavanzata dalle Forze democratiche di liberazione del Ruanda all’indomani delle accuse del governo centrale di Kinshasa per l’attacco al convoglio di Attanasio: chiedetene conto – aveva repicato il gruppo ribelle – ai reparti delle Forze armate congolesi e a quelli dell’esercito ruandese, recentemente unitesi nella lotta alle bande armate che insanguinano la zona.

LA JOINT VENTURE MILITARE è frutto dell’intesa tra Kinshasa e Kigali che rappresenta un segno di discontinuità impresso dal presidente Felix Tshisekedi rispetto all’era Kabila. Ma oggi come ieri, ai tempi della cosiddetta «Guerra mondiale del Congo», molte reclute malissimo pagate trovano normale mettersi in proprio e reclamare nel tempo libero la loro parte. Così l’esercito regolare che dovrebbe proteggere i civili è parte attiva nel perenne tutti-contro-tutti per il controllo criminale delle ricchezze minerarie locali.

Non è chiaro quale fosse il ruolo di Asani nelle indagini sull’uccisione di Attanasio, Iacovacci e Milambo, ma secondo le ricostruzioni tornava a casa dopo una riunione a Goma con i rappresentanti dell’esercito congolese e il direttore del Parco del Virunga, Emmanuel Demerode, a cui era presente anche il generale Vital Awashango, l’uomo che il governo di Kinshasa a messo a capo delle indagini sull’agguato al piccolo convoglio del Pam su cui viaggiava Luca Attanasio.

OLTRE ALL’INCHIESTA CONGOLESE e a quella aperta dalla Procura di Roma, procedono anche le indagini più suscettibili di aspettative, quelle condotte dal Dipartimento della sicurezza e protezione delle Nazioni unite (Undss) in collaborazione con il Pam. Ieri il presidente Tshisekedi ha accolto a Kinshasa prorio il direttore esecutivo dell’organismo Onu che aveva organizzato il viaggio dell’ambasciatore italiano. Assicurandogli, come aveva fatto nei giorni scorsi incontrando gli ambasciatori delle potenze occidentali, che una cosa simile non si sarebbe più ripetuta. L’importante, sembrano dire le misure adottate a tale scopo, che se ne stiano tutti chiusi nelle loro residenze.