È il ministro Andrea Orlando, il delegato del governo al confronto con le toghe. Il Guardasigilli ieri, in un incontro che ha definito «già programmato», ha aperto la discussione con i vertici dell’Anm sulla riforma della Giustizia che l’associazione aveva aspramente criticato in un documento ufficiale il giorno prima. E, mentre risuonava ancora l’eco della risposta sbruffona di Matteo Renzi – «i giudici protestano? Brrr, che paura…» – pronunciata per intrattenere martedì sera il pubblico di Bruno Vespa, Orlando ha dovuto affrontare anche il tasto dolente del dimezzamento delle ferie dei magistrati. Provvedimento annunciato dal premier «senza sottoporre il tema al confronto preventivo», come ha ammesso lo stesso ministro. Orlando però ha ribadito: «Andremo avanti senza recedere dall’obiettivo di fondo. Siamo pronti al confronto, ma nessun tabù».

Eppure si tratta di un mezzo passo indietro, che il governo è stato costretto a fare per non inficiare la difficile trattativa politica in Parlamento per l’elezione di due giudici della Consulta e di otto componenti del Csm, tanto più che il muro contro muro tra il premier e l’Anm ha prodotto ieri la levata di scudi anche del plenum – l’ultimo di questa consiliatura – del Consiglio superiore della magistratura.

«L’atteggiamento irridente di alti esponenti istituzionali alle parole della Anm – ha affermato in assemblea Paolo Auriemma, esponente togato di Unicost – riecheggia anche in quest’aula ove, mi chiedo, quale peso potranno avere presso la politica i nostri pareri al ministro sui disegni di legge». Auriemma, che chiede per la magistratura lo stesso «ascolto e rispetto» che l’organo giudiziario ha dimostrato di avere nei confronti degli altri poteri dello Stato, ha definito «emblematico» lo scontro sulla questione delle vacanze dei giudici: «Ritengo che – ha detto – la durezza della sezione disciplinare, in questi anni criticata dagli stessi magistrati, sia rappresentativa del controllo che si esercita su giudici e pubblici ministeri e che le cause dei ritardi siano in minima parte da addebitare agli operatori del diritto, il tutto in un quadro in cui sembrano non essersi operate incisive riforme strutturali».

Sulle ferie, ha aggiunto poi Antonello Racanelli di Magistratura Indipendente, «viene fatta una demagogia, e non si vuole cercare di capire che una decisione simile rischia di creare una serie di proteste e agitazioni che contribuirebbero ad affossare ancor di più il sistema giustizia. Nessun magistrato ha mai chiesto il recupero dopo un turno notturno festivo, ma se verrà equiparato al pubblico impiego allora rivendicherà i suoi diritti».

Ma il ministro Orlando, incontrando per più di un’ora il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli e il segretario Maurizio Carbone, ha annunciato la «volontà di confronto» del governo su tutti i punti della riforma che egli stesso avrebbe voluto più coraggiosa, e che è stata giudicata dalle toghe di «scarso respiro» e «frutto di timidezze e compromessi» (con evidente riferimento al patto del Nazareno). Il Guardasigilli ha detto anche di aver avuto mandato dal governo per «un approfondimento sul nodo del taglio delle ferie che tenga presente la specificità dell’attività dei magistrati». Anche se, ha aggiunto, «quella che è iniziata non è una trattativa; resta fermo l’obiettivo di fondo per cui in una fase di crisi si chiede anche alla magistratura un sacrificio come alle altre categorie». «Abbiamo chiesto dei contributi anche sul testo sul civile – ha riferito Orlando alla fine dell’incontro – che probabilmente lunedì sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e siamo aperti a ulteriori idee che possano rafforzare il provvedimento in sede di conversione».

La replica dell’Anm arriva a sera: «Passi indietro non ne abbiamo fatti neppure noi – ha affermato il presidente Sabelli – anzi abbiamo ribadito le nostre ragioni. Sul tema delle ferie si è rotto un metodo improntato al confronto: e non siamo stati noi a produrre questa rottura». Inoltre, con «l’inserimento della misura in un decreto d’urgenza», si è data «una raffigurazione sbagliata delle priorità della riforma della giustizia».