Molti si saranno chiesti il perché di comportamenti così differenti di fronte a due vicende che possono sollevare entrambe l’indignazione dell’opinione pubblica: Gianni De Gennaro, dopo le recenti e severe valutazioni della Corte di Giustizia Europea sui fatti di Genova e sul relativo comportamento della polizia, ha rifiutato di dimettersi dalla carica di presidente di Finmeccanica; invece in queste ore Pietro Ciucci, davanti alle inchieste sulla corruzione in cui è spuntato anche il nome dell’Anas e di fronte anche ai cedimenti strutturali recenti del sistema viario, ha rassegnato le dimissioni dall’Anas, che decorreranno al momento dell’approvazione del bilancio 2014 della società.

Qualcuno potrebbe pensare che il secondo manager citato abbia una coscienza civica più sviluppata del primo, ma abbiamo l’impressione che le ragioni del differente comportamento dei due possano anche essere diverse. Intanto appare per lo meno discutibile pensare ad una motivazione di questo tipo, quando Ciucci, secondo quanto rivelato di recente da il Fatto Quotidiano, essendo a suo tempo contemporaneamente e incredibilmente presidente, amministratore delegato e direttore generale dell’ Anas, ad un certo punto, nell’estate del 2013, si autolicenzia senza preavviso dall’ultima carica. Così facendo, gli è spettata una buonuscita di 1,8 milioni di euro, invece di quella di circa 1,0 milioni che avrebbe percepito se si fosse semplicemente dimesso dalla stessa carica. Nulla di illegale, certo, in Italia le regole vengono spesso rispettate, ma indubbiamente l’episodio mostra che il soggetto sembra avere perlomeno uno scarso senso dell’opportunità.

Forse Ciucci si è dovuto dimettere perché non riscuoteva le simpatie del nuovo governo, lui che pure era riuscito ad andare molto d’accordo con tutti. Prodi già nel 1987 gli offre la direzione finanziaria dell’Iri e nel 2006 lo mette a capo dell’Anas; Berlusconi nel 2002 lo nomina responsabile del progetto del Ponte di Messina e ne fa l’amministratore unico dell’Anas; Letta, infine, aggiunge le cariche di presidente e amministratore delegato dello stesso ente. Ma forse egli avrà ricevuto in cambio delle dimissioni qualche contropartita. O invece il nostro manager si è dimesso sentendo il prossimo arrivo di qualche tegola da parte della magistratura. Chissà.

Per quanto riguarda De Gennaro, anche lui abilissimo nel navigare contemporaneamente con la destra e con la sinistra, le ragioni del suo rifiuto ad andarsene appaiono certo più in linea con i normali comportamenti della nostra classe dirigente politica, economica, finanziaria. I maligni suggeriscono anche l’ipotesi che l’ex capo della polizia abbia accumulato nel tempo dei dossier su tante persone che contano e che per questo motivo egli appare inamovibile. Mah.

Resta la questione Anas. La struttura sembra essere stata a lungo uno dei centri principali del sistema corruttivo politico-economico del nostro paese. Così, negli anni di Mani Pulite, l’ente viene coinvolto negli scandali; sono implicati, tra l’altro, l’allora ministro dei lavori pubblici, Giovanni Prandini, Arnaldo Forlani e Severino Citaristi, allora tesoriere della DC, nonché il direttore della stessa Anas. Nel 2001 c’è poi anche un periodo di commissariamento. Dopo di allora le acque sembravano essersi placate, ma forse le attuali inchieste della magistratura potrebbero rivelare dei fatti nuovi. Del resto appare difficile pensare che un ente di quella natura abbia miracolosamente cambiato del tutto i suoi comportamenti.