Streetart-Berlin
Due protagonisti, due giovani uomini e una città, Berlino. Per certi versi nulla di più ovvio rispetto a quella consunta retorica che ha attraversato gli anni Zero europei fatti di Erasmus e anche dell’esplosione del fenomeno berlinese. Tuttavia qui la narrazione – e il tema stesso – hanno un passo diverso.
Il romanzo di Stefano Zangrando, Amateurs (Edizioni Alfabeta Verlag, pp. 180, euro 14) attraversa i giorni confusi ed eccitati di due giovani intellettuali che si immergono in quel magma denso e vivificante che è (e oggi è solo in parte) la Berlino dei primi anni duemila. Valentino e Gerwin si ritrovano così a fare i conti con un presente caotico, in alcuni momenti eccitante e ricco di imprevisti (pure improbabili) e un futuro che inizia ad apparire davanti ai loro occhi sotto il segno di una nostalgia appena palpabile.

Amateurs è uno dei pochi romanzi italiani degli ultimi anni che riesce a raccontare Berlino fin dentro le sue contraddizioni contemporanee. Zangrando lavora tra le pieghe dolci e irriverenti della superficie, i suoi personaggi sono occhi, ma passivi e a tratti spenti: guardano, avvistano, ma poco comprendono dell’assurdo svolgersi dei tempi che si srotolano come un tessuto sintetico quanto d’antan.

Berlino diviene così il nome di molti incontri e le sue strade l’indirizzo di nuove possibilità e soprattutto di inedite peregrinazioni mentali, analisi, piccole conquiste in un mare d’incomprensione e sostanzialmente di perdita. A tratti bonari, a tratti voraci, i protagonisti si muovono in un connubio quasi complementare, senza alcuna forzatura. Amateurs si svolge lento o veloce assecondando un ritmo sempre naturale, il narratore assente e gli accadimenti casuali o comunque dalle ombre, fino all’ultimo, indefinibili. La scena, a volte, si dipana assumendo contorni teatrali in cui i vari personaggi si intrecciano secondo un ritmo cadenzato, puntuale: le battute restano tuttavia assenti, rimane solo la voce narrante di Valentino a descrivere qualcosa che, pagina dopo pagina, sembra sempre più prendere la forma del vuoto.

Il vuoto è quello della ricchezza, delle possibilità continue che annichiliscono ogni spazio di scelta. Decidere diventa impossibile e tutto piano piano pare sciogliersi in un dolore di perdita inammissibile, inaccettabile tanto più perché opaco, privo di uno spessore necessario al tatto come alla mente.
L’amore diviene così l’estrema solitudine di una passione continua e quindi assente: tutto è tra le mani e tutto rischia di scivolare via. La rincorsa affannata che sfugge la folla, ma ne cerca protezione nel calore. La malinconia prende forma oltre il libro tra le rive di una Berlino in fondo ridotta a eccezione del possibile, o di quello che potrebbe essere e invece rischia di non essere mai più, almeno tra le strade di un’Europa invecchiata e fuori controllo