Nel tardo pomeriggio di ieri, lunedí 17 giugno, il premier ceco Petr Necas è salito al Castello di Praga per rassegnare le sue dimissioni nelle mani del presidente Milos Zeman. Finisce così dopo tre anni di vita un governo di destra, che ha portato avanti un attacco deciso contro il welfare e i diritti sociali.

Ma a mandare a casa il premier Necas non sono state le pur numerose proteste, che si sono susseguite fin dagli esordi del suo governo. La caduta di Petr Necas è cominciata nella notte tra mercoledì 12 giugno e giovedì 13 giugno, quando il reparto di investigazione sul crimine organizzato della polizia ceca ha arrestato nove persone, tra le quali la capo gabinetto Jana Nagyova, tre ex-parlamentari dell’ODS, il partito del governo, e due generali del Servizio di informazione militare (VSZ) Ondrej Palenik e Milan Kovanda.

La retata è stata il risultato di alcune inchieste parallele, che hanno il loro trait d’union in Jana Nagyova, accusata di trattenere rapporti con i kmotri, i padrini alla ceca, di Praga, di aver convinto tre deputati dissidenti del’ODS ad abbandonare la Camera in cambio di posti nei consigli di amministrazione di alcune aziende pubbliche oltreché di aver incaricato il Servizio d’informazione militare di far pedinare la moglie del premier, di cui si dice, che sia da tempo amante.

La retata ha portato rapidamente sull’orlo di crisi il governo ceco. Nel suo discorso il premier aveva sottolineato che “gli accordi politici di scambio sono una prassi comune e non possono essere criminalizzati”. Una linea adottata da tutta la maggioranza, tanto che il popolare ministro degli esteri Schwarzenberg aveva sottolineato come “il governo non possa cadere per una storia da romanzo rosa”.

Ma se il caso dei tre deputati dell’ODS ricompensati per il loro ritiro dalla politica con poltrone ben remunerate nei CdA non è così raro nella politica ceca, ritenere l’affaire di spionaggio della moglie del premier storia da romanzo rosa è assai riduttivo. Sorgono infatti alcune inquietanti domande sul funzionamento dei servizi segreti cechi. Com’è stato possibile, che due generali della VSZ obbedissero a una funzionaria della presidenza del consiglio, operando alle spalle del governo? E come mai i meccanismi di controllo interno e il Copasir ceco non si sono accorti di nulla? E infine, è prassi comune dei politici cechi usare i servizi segreti come la loro agenzia di investigazione privata? Di risposte non ce ne sono, e soltanto ora l’opposizione ha cominciato a chiedere una riforma dei meccanismi di controllo dei servizi.

Ad affossare Necas è stato a sorpresa il partito dello stesso premier, l’ODS, che nella notte di domenica gli ha tolto la fiducia e lo ha costretto a dare le dimissione. La tattica del maggior partito della maggioranza governativa è quello di sostituire Petr Necas con una figura più accettabile, come il Ministro dell’Industria e del Commercio Martin Kuba e portare a conclusione la legislatura, che scaderà il maggio prossimo.

Il vero protagonista della scena sarà quindi il nuovo presidente Milos Zeman, già determinato a giocare un ruolo tanto fondamentale quanto imprevedibile. La sinistra, a cui Zeman è assi vicino, vorrebbe infatti sciogliere le Camere e -calendario e costituzione alla mano- votare in agosto. Ma non è detto, che alla fine Zeman non preferisca un governo debole, che lasci spazio alla sua iniziativa per trasformare la Repubblica ceca in quel regime semipresidenzialista, che l’inquilino del Castello ha da sempre in testa.