Un nuovo rapporto di Amnesty International, pubblicato ieri, accusa il governo di Damasco di aver giustiziato per impiccagione oltre 13mila detenuti, dal marzo 2011 alla fine del 2015, nel solo carcere di Saydnaya.

Numeri enormi che l’organizzazione internazionale estrapola da interviste condotte con 31 ex prigionieri e 50 tra esperti e ufficiali: se i dati fossero confermati da documenti o altre prove, significherebbe che ogni giorno in media le autorità carcerarie siriane hanno ucciso almeno sette detenuti.

Amnesty parla chiaramente di 20-50 esecuzioni settimanali, su ordine di personalità vicine al presidente, tra cui il ministro della Difesa eil gran muftì.

L’organizzazione internazionale descrive un contesto di uccisioni sistematiche, torture di massa, «una calcolata campagna di esecuzioni extragiudiziali».

Da Damasco non arrivano commenti, come non ne erano arrivati a novembre 2015 quando Amnesty accusò il governo di Assad di aver fatto sparire 65mila persone in meno di 5 anni.

Anche in questo caso numeri enormi che sollevarono dei dubbi, soprattutto in un contesto di guerra civile e forze armate (già ridotte da diserzioni e scontri) impiegate nei fronti caldi del conflitto. Vorrebbe dire impiegare un buon numero di ufficiali per eliminare migliaia di persone, oppositori presunti o reali.