La denuncia è di Amnesty International: nella regione settentrionale etiope del Tigray, dove da dieci giorni è iniziata l’operazione dell’esercito federale contro il Fronte popolare di liberazione (Tplf), si stanno consumando abusi sui civili. E massacri: sarebbero centinaia gli uccisi accoltellati con i machete nella città di Mai-Kadra il 9 novembre.

Probabilmente lavoratori, aggiunge Amnesty. Secondo testimoni, responsabile sarebbe il Tplf, ma l’organizzazione non conferma. La denuncia arriva mentre Addis Abeba parla di un avanzamento sul campo di battaglia, nell’ovest del Tigray.

Intanto il parlamento etiope ha appuntato ieri un nuovo chief executive per la regione del Tigray, Mulu Nega, dopo che giovedì al predecessore e presidente del Tplf, Debretsion Gebremichael, è stata tolta l’immunità con l’accusa di terrorismo e tradimento. Lo scrive su Twitter il primo ministro Abiy Ahmed, finora sordo agli appelli alla calma diramati da Onu e Unione africana.

A preoccupare le Nazioni unite sono le decine di migliaia di rifugiati in fuga verso il Sudan: circa 11mila persone, per lo più donne e bambini arrivati a piedi o in bici, stremati e alla fame. Ma sarebbero almeno 20mila quelli ammassati al confine sperando di passare.