La Corte penale speciale e la Corte suprema dell’Arabia Saudita hanno confermato la sentenza capitale nei confronti di Ali Mohammed Baqir al-Nimr, giovane attivista sciita condannato a morte per reati presumibilmente commessi all’età di 17 anni. È accusato di «partecipazione a manifestazioni antigovernative», attacco alle forze di sicurezza, rapina a mano armata e possesso di un mitra. La condanna sarebbe stata emessa sulla base di una confessione estorta con torture e maltrattamenti. Amnesty International chiede l’annullamento della sentenza, indagini sulle torture e che l’Arabia Saudita rispetti i diritti umani. Ali al-Nimr è nipote di un eminente religioso sciita – Sheikh Nimr Baqir al-Nimr, anch’egli condannato a morte. Ali al-Nimr ha esaurito ogni possibilità di appello e può essere messo a morte appena il re ratifica la condanna.

L’Arabia Saudita è tra i paesi che eseguono il più alto numero di sentenze: dal 1985 al 2005 sono state messe a morte oltre 2200 persone; da gennaio ad agosto 2015, almeno 130 esecuzioni. Violando la Convenzione sui diritti dell’infanzia e il diritto internazionale, ha messo a morte persone per reati commessi quando erano minorenni. (…).

Anche Raif Badawi, il blogger saudita condannato a 10 anni di carcere e a 1000 frustate, è ancora detenuto. La sua colpa? Aver fondato «Free Saudi Liberals», un forum online di dibattito su temi politici e religiosi. Aver «insultato l’Islam», aver criticato alcuni leader religiosi. Oltre al carcere, alla lontananza dalla sua famiglia, per Raif sono arrivate anche le frustate.

Il 9 gennaio 2015 è stato pubblicamente frustato davanti alla moschea di al-Jafali a Gedda: 50 frustate, una pena disumana, una tortura. E solo per aver espresso le sue opinioni. Una raccolta dei suoi scritti «1000 frustate per la libertà» è in libreria in questi giorni edita da Chiarelettere con la testimonianza della moglie Ensaf Haidar, contributi di Amnesty International Italia e giornalisti.

Come Raif, altri detenuti in Arabia Saudita stanno scontando condanne per ciò che pensano o esprimono. Amnesty International e le migliaia di persone che in tutto il mondo sostengono la liberazione di Raif – tra cui parlamentari, esponenti del mondo della cultura e del giornalismo anche in Italia, il manifesto fin dall’inizio – chiedono il suo rilascio immediato.