«Missione compiuta, Comandante supremo». In piazza Bolivar, il presidente venezuelano Nicolas Maduro commenta a caldo i risultati delle elezioni comunali, comunicati poco prima dal Consiglio nazionale elettorale (Cne). Non ancora definitivi ma irreversibili di una giornata senza incidenti. Con il 97,52% delle schede scrutinate, il Partido Socialista unido del Venezuela (Psuv) ha vinto con 9 punti di differenza sullo schieramento d’opposizione, la Mesa de la Unidad democratica (Mud) ottenendo il 54% contro il 45%. «Vi avevano detto che era un plebiscito, che mi sarei dovuto dimettere, ricordate? Ora “Caprichito” dovrebbe avere l’umiltà di rinunciare alla direzione politica», ha detto Maduro rivolgendosi al leader della Mud Henrique Capriles Radonski.
«Siamo maggioranza», ha ripetuto in questa campagna elettorale il governatore dello stato di Miranda. Alle ultime presidenziali del 14 aprile, sconfitto di misura, Capriles ha subito gridato alla frode. Dopo aver incitato i suoi a «sfogare la rabbia» (11 i chavisti morti nelle violenze post-elettorali), ha preteso il riconteggio dei voti. Che gli ha ancora dato torto, e allora si è rivolto agli organismi internazionali. E l’8 dicembre avrebbe voluto dalle urne «un plebiscito contro Maduro», anticamera per un referendum revocatorio. Intanto, il suo schieramento già raccoglie le firme per «una nuova Assemblea costituente».
Il plebiscito non c’è stato. Il Psuv da solo, senza i suoi alleati, ha superato l’alleanza Mud. La partecipazione alle urne è stata del 58,92%: la più elevata delle precedenti comunali, tradizionalmente trascurate (la più alta finora è stata del 54%). «Dopo 4 sconfitte in 14 mesi – ha detto Maduro – la dirigenza della Mud dovrebbe trarne le conseguenze».
A mezzanotte di domenica (ora locale), Capriles si è rivolto ai suoi parlando di «un paese diviso», dell’alta astensione e della necessità di consolidare «l’unità dell’alleanza», in crescita. Non ha però disconosciuto i risultati, come pure aveva lasciato intendere. Come hanno ribadito anche ieri i 50 osservatori internazionali, il voto in Venezuela è totalmente elettronico, blindato e affidabile. I risultati sono arrivati a meno di tre ore dalla chiusura dei seggi, stabilita alle 18 di domenica, ma procrastinata fino all’espletamento del voto di tutti i cittadini in coda. La Mud ha mantenuto alcuni suoi bastioni, dal Zulia al Tachira. Ernesto Villegas, del Psuv, non è riuscito a strappare la Gran Caracas al sindaco Antonio Ledezma, né la stella del baseball «El Potro» Antonio Alvarez ce l’ha fatta nel municipio Sucre (nello stato di Miranda, governato da Capriles). Carlos Ocariz è stato riconfermato a questa alcaldia che comprende zone di classe media ma anche il quartiere popolare più esteso del paese, il Petare. Il chavismo ha perso anche Maracaibo (nel Zulia), dove ha presentato un volto noto del giornalismo televisivo, Miguel Perez Pirela. Si è imposta invece Eveling Rosales, moglie dell’ex candidato presidenziale di opposizione, Manuel Rosales, attualmente in Perù perché accusato di corruzione e malversazione.
Anche a Valencia – terza città per importanza, che si trova nello stato Carabobo – gli elettori hanno votato per un candidato Mud, l’imprenditore Miguel Cocchiola, accusato di usura e però accolto come un eroe dopo una breve fuga a Miami. In questo caso, il Psuv ha scontato la destituzione dell’ex sindaco Edgardo Parra, membro del partito, accusato di corruzione lo scorso ottobre. In altre zone, ha subìto le conseguenze di divisioni interne all’alleanza, come a Barinas, luogo di origine di Hugo Chávez, dove ha perso per un soffio. Il campo socialista ha però conquistato il 63% delle capitali venezuelane: negli stati Anzoategui, Apure, Maracay, Bolivar, Cojedes, Delta Amacuro, Trujillo. E Miranda. Nel municipio Libertador (Distrito Capital) è stato riconfermato Jorge Rodriguez. E nello stato Miranda il Psuv governa 15 municipi su 21. Il suo giovane militante Francisco Garces l’ha spuntata in quello di Guaicaipuro.
Il grande sconfitto è invece il governatore di Miranda Henrique Capriles, ha scritto El Universal (quotidiano di opposizione) riportando il giudizio del direttore dell’istituto Hinterlaces, Oscar Schemel: «Questi risultati indicano che l’opposizione deve rivedere la propria leadership, che è debole e priva di contenuto. Il chavismo invece è una realtà sociale e culturale», ha affermato Schemel a Primera Pagina. Prima delle comunali, un significativo editoriale dello storico oppositore Rafael Poleo su Zeta ha reso evidente l’insofferenza contro Capriles da parte degli altri partiti della Mud. Sia i socialdemocratici di Ad, i democristiani di Copei (i due partiti di governo della IV Repubblica) che quella parte di Bandera Roja passata alla destra, non accettano l’egemonia del suo partito Primero Justicia e quella di Voluntad Popular. E hanno scelto per mancanza di meglio di costruirlo come avversario diretto di Maduro, sperando di liquidare il suo governo in pochi mesi. Invece le cose stanno andando diversamente e il tradizionale tasso di litigiosità dell’opposizione è tornato alla luce. Maduro continua peraltro la campagna del dividi et impera, seguendo la tattica di Chávez. Nei suoi appelli «a lavorare uniti su temi concreti», denuncia quella parte di opposizione col vizio del golpismo, invita la Mud a liberarsi delle sue componenti di estrema destra, cavalcate da Henrique Capriles e Leopoldo Lopez (leader di Voluntad Popular). Pur ribadendo i contenuti del Socialismo del XXI secolo, i candidati chavisti hanno rivolto l’attenzione alla «classe media», che ha beneficiato dei cambiamenti sociali messi in campo dal governo in 14 anni. Le recenti misure adottate dal presidente della Repubblica contro la speculazione e la corruzione sono state d’altronde un fattore determinante nella vittoria alle comunali (11 punti in più secondo i sondaggi). Una vittoria celebrata nel «giorno della lealtà» a Hugo Chávez, scomparso il 5 marzo per un tumore. L’8 dicembre 2012, Chávez, sapendosi prossimo a morire, era tornato all’improvviso da Cuba per dettare le sue ultime volontà al paese.
Ora, Maduro ha promesso di «approfondire la rivoluzione» continuando nel suo «governo della strada». Con Diosdado Cabello, presidente del Parlamento, e la squadra di governo, tutti sul palco di Piazza Bolivar, ha annunciato le prossime tappe: lo sviluppo di un nuovo modello produttivo basato sullo «stato comunale», indicato nel Plan della Patria, ora legge dello stato, che dia nuovo impulso alle Misiones. Dopo 18 elezioni (tutte vinte tranne una), quella di domenica (la 19esima), è stata la vittoria più importante per la seconda fase del socialismo chavista. Ora tocca ai sindaci.